Mi sono fermata a Piaro per sbaglio, scendendo a valle dopo un concerto mattutino a Bielmonte; ma il luogo non si è per questo offeso e, anzi, mi ha accolta molto bene!
Scendendo dall'auto mi accorgo subito di non essere a Forgnengo (dove volevo tornare in cerca d'informazioni sull'antico Gioco dell'Orso), bensì in un minuscolo angolo di Biellese per me nuovo (anche se visto tante volte percorrendo la Panoramica Zegna) ...Seguo dapprima la freccia turistica "Campiglia Cervo - Strà di Er".
M'incammino lungo la bella mulattiera scendendo oltre la chiesa (ben visibile anche dal parcheggio) e l'arco in pietra, fino a percorrere un tratto di discesa nel bosco.
Quando la narrazione finisce, la visita continua al piano di sopra col Signor Giorgio Piccino (di Ravenna con moglie piarese), colui che mi aveva avvistata e invitata ad entrare.
Con grande sorpresa mi ritrovo nella scuola della frazione, con i banchi di legno intatti così come furono lasciati ai tempi dei bisnonni. Bellissimi i quaderni scritti da alunni abituati ad esercitarsi nella calligrafia: pagine fitte di esercizi - specialmente in francese - scritti con tratti precisi e impeccabili.
Dopo cinque minuti sono felice del mio errore e ho già voglia di tornare per esplorare con calma il luogo, che mi sembra l'ideale per una passeggiata di mezza stagione, o d'inverno (l'afa di oggi invita a sentieri più ad alta quota).
Torno quindi sui miei passi e risalgo alla strada d'asfalto per esplorare velocemente "Piaro Alta" dall'altra parte della strada.
Passeggiate da Piaro |
Tra le case si sente qualche voce ma non si vede anima viva. Cammino quasi in punta di piedi, come se stessi violando un suolo privato.
Ad un tratto un signore sbucato dal nulla mi saluta e m'invita a visitare in anteprima una mostra sul caffè appena allestita.
La vecchia scuola di Piaro (la prima sede era un'altra, forse solo una stanza) |
Sulla soglia mi riceve l'ideatore della mostra, il Signor Piergiovanni Ramasco Vittor (di Sagliano) che mi sorprende per la spiegazione accurata sulla storia della bevanda, dalle origini alla lavorazione, dalle speculazioni in borsa alle leggende ((scoprirò poi il giorno dopo a casa che si tratta dell'ex-console del Guatemala).
Io che ne amo solo il profumo (non mi piace il caffè, se non nel "tiramisu", nello yogurt, o sotto forma di bevanda spumosa con abbondante zucchero di canna, ma mai e poi mai berrei la classica tazzina, e detesto anche il cappuccino), sono grata per questa visita guidata a sorpresa, e cerco di memorizzare il maggior numero possibile di dettagli...
La parola "caffè" deriva dall'arabo antico "qahwa" (vino eccitante)
Secondo sudi recenti la pianta (Coffea Arabica) sarebbe originaria dello Yemen; o forse lì sarebbe stata portata dagli abissini nel VI secolo d.C.
Nel trattato "De Saluberrima potione" (1671) il frate maronita Antonio Fausto Maironi racconta come nacque la bevanda.
Nello Yemen, un pastore che accudiva le capre dei monaci notò che gli animali si agitavano dopo aver mangiato le bacche di un particolare cespuglio; allora ne raccolse un po' per portarle ai monaci, che, considerandole opera del demonio, le gettarono nel fuoco ... da cui si levò un piacevole ed intenso aroma! I monaci cercarono allora di recuperare le bacche e le buttarono in acqua, che divenne profumata e scura. Il monaco che per primo bevve notò che non solo la bevanda era buona, ma che rinvigoriva il corpo e lo spirito e lo aiutava a restare sveglio durante le orazioni notturne....
Tra tutte le cose esposte spicca un grande pannello a colori vivaci: è la narrazione a fumetti - con didascalie in caratteri amarici - della visita della Regina di Saba a Salomone, recando per lui vari doni, tra i quali anche del prezioso caffè.
Questo quadro vale per me vale da solo la sosta a Piaro.
La mia guida mi spiega che la prima scuola si trovava in un altro edificio, ma non si sa più quale fosse.
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(...non c'è stato verso di convincere questa foto a sistemarsi orizzontalmente !) |
La sera dopo (o forse due, no ricordo più) sono già di ritorno a Piaro con un'amica che pur essendo di Biella non conosce il posto... C'incamminiamo lungo la mulattiera con passo guardingo, come per non disturbare, essendo "forestiere". .E infatti, nel buio, senza volerlo finiamo nel cortile di una casa, credendo d'essere sul sentiero che attraversa l'abitato.
Si affaccia alla finestra il Signor Dario dalla barba bianca, amico delle volpi che passano ad orari fissi a mangiare il pane.
"Eh, i giovani non vogliono più abitare qui, siamo rimasti in pochi", ci dice.
"Tra quindici giorni i turisti se ne saranno andati, le case saranno vuote".
Ci racconta degli inverni con la neve alta, di com'era la vita una volta e di come adesso non sia più così.
Eppure, nonostante il vero di queste parole, io non percepisco Piaro come un luogo finito, sento una vita che ostinata scorre tra le pietre antiche.
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