domenica 21 luglio 2024

La ricetta di mamma dei fiori di zucchina ripieni di Anna Arietti

 

Certe mattine d’estate, per quanto presto mi alzassi, trovavo sul tavolo della cucina i fiori di zucchina capovolti all’ingiù, con i petali ben distesi. Mamma Ornella era stata nell’orto ed era già tornata con due ceste, una colma di verdure: pomodori, peperoni, cetrioli, melanzane e sedano, e l’altra piena di fiori, appunto, che andavano adagiati al più presto su un piano affinché non si richiudessero. È un’operazione che va eseguita pressoché all’alba, quando il fiore risulta splendente. 

A dire il vero, leggendo a riguardo, ho scoperto che sarebbe buona norma raccogliere i fiori di pomeriggio, o addirittura di sera, per permettere alle api al mattino di impollinare, ma mamma dice che non è fattibile poiché si chiudono. Inoltre vanno presi soltanto i fiori maschili, quelli con il gambo lungo, che si distinguono dai femminili perché non hanno lo zucchino attaccato. 

Premetto che racconto al passato, perché la ricetta si rifà ai miei ricordi di bambina, ma ancora oggi mamma la fa allo stesso modo. 

In un grilèt, in un’insalatiera, preparava un composto a base di zucchini con cipolle cotti in umido in precedenza, uova, tocchetti di formaggio o una spolverata di parmigiano grattugiato, a volte entrambi, pane raffermo, precedentemente ammollato nel latte e strizzato, un ciuffo di prezzemolo sminuzzato grossolanamente a mano, sale e solitamente qualche fetta di salame cotto tritata. 

Pensando agli ingredienti, che poi era la stessa ricetta di nonna, credo fossero una scelta dettata dalla necessità di recuperare ciò che la terra offriva, dall’orto e dall’aia, creando un manicaretto gustoso e fresco, adatto alla stagione estiva. 

Si mescolava poi il tutto fino a ottenere un impasto consistente ma morbido. Mamma prendeva con attenzione i fiori, ad uno ad uno, perché se i petali si fossero richiusi su loro stessi, difficilmente sarebbe stato possibile distenderli di nuovo nella forma naturale, e li riempiva con un cucchiaiata di preparato. 

Ci sarebbe ancora un’accortezza da adottare prima di farcirli, staccare i pistilli, perché hanno un gusto amarognolo. 

Bisognava poi sigillare il composto nel fiore con i cinque grandi petali. Era un’operazione da compiere con delicatezza, sempre perché i fiori sono delicati. Non di rado infatti accadeva di strapparli, allora la forma assumeva un aspetto incerto, propenso ad aprirsi durante la cottura, che avveniva ponendoli a friggere in una padella preriscaldata con un po’ olio. Olio che oggi va scelto con cura, dall’extravergine di olive all’olio di arachidi, mentre un tempo non ci si badava, era olio di oliva… e correre. 

Quando entrambe le faccette dei fiori s’indoravano, voleva dire che erano pronti. Si servivano tiepidi o freddi, accompagnati da un’insalata mista fresca di stagione, verdure esclusivamente dell’orto. 

In famiglia i fiori ripieni, ai fior pie-nne, erano di zucchini, fior ad sucot. Nel racconto ho cercato di utilizzare la forma italiana che spero sia la più corretta. Ad ogni modo si sappia che sono originaria di Cossato, ad Cussàl, nome che si dice derivi da “cucuzza”, ossia luogo coltivato a zucche, quindi muti.

Anna Arietti
Fotografia di copertina di Anna Arietti

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Per informazioni scrivere ad anna.arietti@gmail.com

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