Fine giugno, luglio, erano i mesi delle pesche mature, tempo di persi pièn in tavola. Le pesche ripiene, dolce tipico piemontese che riporta ai ricordi, a quando ero bambina e a nonna Maria.
Dopo averle raccolte direttamente dall’albero, nonna le portava a casa in una piccola cesta scura in vimini, con il manico riparato con un pezzo di fil di ferro intrecciato. Mondava e lavava le pesche, togliendo la buccia, la cui peluria, seppure vellutata, risultava fastidiosa in bocca, anche cotta. Le persi pièn, o perse pié-nne, sono il dolce celebrato, nonna invece ne preparava una variante sua, ma la ricetta era quasi la stessa. Non ci metteva il liquore Marsala e neanche l’uovo e tagliava le pesche a pezzetti, non soltanto a metà.
In un tegame, dal fondo piatto con le pareti non molto alte, accortezza che le permetteva di distribuire bene il composto e di asciugarlo dal liquido prodotto dal frutto maturo, adagiava un bel pezzo di burro. Accendeva la fiamma del fornello a gas, ancora da bombola, e lo lasciava fondere. Versava poi le pesche a tocchetti di prima, una manciata di amaretti, diversi cucchiai di zucchero e uno o due di cioccolato in polvere. Se in casa il cacao non c’era, si procedeva con la variante “bianca”, semplicemente senza cioccolato. La cottura avveniva sempre a fiamma moderata, mescolando di tanto in tanto fino a sminuzzare quasi del tutto la frutta. In una mezz’oretta il dolce era pronto. Era buono tiepido, ma essendo estate, era più gradevole consumarlo freddo. A me arrivava dopo pranzo o a merenda.
Cucinarlo oggi vuol dire ridurre la quantità di zucchero a un cucchiaio scarso, essendo gli amaretti già sufficientemente dolci. A proposito del biscotto di pasticceria, l’amaretto, a base di pasta di mandorle, zucchero appunto e bianco d'uovo, la variante che si utilizza è quella croccante “di Saronno”, per intenderci. Non “di Sassello”, che è golosissimo ma morbido.
Dopo pranzo, nonna si appisolava sul tavolo della cucina, con le braccia conserte e il viso appoggiato su di esse. Nonno faceva il riposino sedendo sul divano, sempre in cucina, allungando le gambe su una sedia. Io esattamente non ricordo cosa facessi, ma sento ancora il verso delle cicale provenire dalla porta aperta che si affacciava sul cortile. Una tenda verde scuro, attraverso la quale a volte sbirciavo, filtrava la calura del primo pomeriggio. A spezzare l’incantesimo del dopo pranzo erano le galline, “co co cooo coccodè”, ripetuto più volte. Avevano fatto le uova.
Anna Arietti
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pesche cotte
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L'articolo è stato pubblicato su "La Provincia di Biella.it" edizione del 6 luglio 2024, nelle pagine de "La Gerla dal Bieléis". Ringrazio Sabina Pastorello.
Un affresco dolcissimo e nostalgico che mi riporta alla ricetta della mia nonna. Le pesche ripiene sono il mio dolce preferito da sempre. Grazie Anna.
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