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martedì 18 giugno 2024

Dalla parte degli ultimi, cronaca di un concerto di Anna Raviglione



Se c'è un giovane cantautore che oggi riesce a trascinare allo stadio spettatori eterogenei, folle di ragazzini adolescenti, mamme di ogni età e bambini adoranti, quello è Ultimo.

Bravura incontestabile, testi accattivanti ma mai scontati, voce vibrante, note che zampillano vive sulla tastiera, capacità di parlare al cuore e padronanza del palcoscenico: tutto spiega la fiumana di gente che ogni volta si riversa negli stadi della penisola, sempre stracolmi, sempre sold out.

Così, grazie all'invito della mia figliola e nonostante alcuni problemi di ambulazione, ho accettato di catapultarmi nell'universo brulicante di un suo concerto. Per coglierne gli umori, gli sguardi, le urla, per vivere da dentro il mondo di molti miei studenti, di quelli che si identificano nei testi e nell'anima di Niccolò. Non credo esista modalità migliore per entrare un po' nella dimensione di questi ragazzi. Certo, il repertorio del loro idolo è trasversale e in grado di mettere d'accordo generazioni diverse, ma sono soprattutto i più giovani ad acclamarlo maggiormente. Ultimo sa adunare tutti intorno a sè e arriva dritto alla pancia e al cuore. Lui, voce di chi non ha voce, di chi, appunto, è ultimo e si trova ai margini, incompreso, come affiora nel suo vasto repertorio.

Una ragazza seduta al mio fianco mi spiega: "Ogni volta che sto male, ho difficoltà e sono triste, ascolto un suo pezzo o guardo qualche suo video e d'incanto mi sento meglio. È come se mi sentissi compresa in qualsiasi 'mood' io mi trovi, per problemi in famiglia, a scuola, con gli amici". Resto felicemente colpita dalla sua foga, dai suoi occhioni profondi e dagli sguardi ansiosi e commossi dei molti che ci circondano.
Ed è vorticosa l'energia che si respira intorno.

Ecco una piccola cronaca.

Arriviamo a Torino quattro ore prima dell'evento. Non siamo mai state allo stadio del Grande Torino e parcheggiare non è facile, ma la fortuna ci assiste e sicuramente anche il lauto anticipo. Il quartiere è periferico, il viale stracolmo di chioschetti di ogni genere e gadget, i pochi bar gremiti all'inverosimile. Il parco vicino al grande anfiteatro ci accoglie con la sua inaspettata e quieta frescura. Le urla dei bimbi si mescolano con le note lontane di qualche canzone, come fossero campane che invitano a raccolta. Ha piovuto fino al giorno prima e oggi un sole un po' sornione sbircia tra i nugoli rimasti. Ogni tanto si apre uno squarcio di celeste e allora il calore si fa quasi tropicale.
Tre ore al concerto e si aprono già i cancelli. Sarà una lunga attesa, ma almeno saremo sedute e all'ombra. Lo stadio è immenso e il nostro posto ci permette di avere una visione abbastanza ampia e soprattutto vicina al palco. Assistiamo ai preparativi, alle prove di luci e strumenti: è tutto un via vai interminabile. A poco a poco arrivano i ragazzini, le famigliole, la fanciulla che sbaglia il seggiolino, quello che protesta per la mancanza di un bar e di un caffè, la coppietta che si lancia in effusioni, il bambino che gioca imperterrito col cellulare, la mamma che tira fuori i panini per tutti. E poi la lunga fila per raggiungere il bagno. Sotto, sul prato, gold o no, una massa brulicante di ragazzi temerari bivacca in attesa del grande evento. Alcuni sono stati da giorni accampati lungo il perimetro dello stadio. Un paio di volte accorrono i soccorsi per portare via un malcapitato colto da malore. La calca si fa sempre più incredibile. La tensione sale, l'aria di qualcosa che sta per esplodere si espande ovunque.

Poi, il buio rotto solo dalle lucine dei telefonini. Il brusio continua. L'attesa sta per finire. Un coro si alza da ogni ala del gigantesco anfiteatro e mille lucine si accendono all'unisono. Eccolo, arriva, corre veloce e saltella, prorompente, come la musica che esplode. Un boato fa tremare gli spalti e tutto diventa uno. Un immenso corpo di ventimila anime che cantano all'unisono. È il miracolo della musica, è il talento di un ragazzo di periferia, di chi sa far vibrare il mondo cantando: "Quando ero bambino, solo un obiettivo: dalla parte degli ultimi, per sentirmi primo".

di Anna Raviglione


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Per informazioni scrivere ad anna.arietti@gmail.com





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