Ci trovavamo nei giardini imperiali che circondano l'omonimo Palazzo, di cui in realtà non ho visto nulla. Il parco, che è sempre liberamente aperto al pubblico tutto l'anno, si estende su un’area di 210.000 metri quadrati. Dell'antico castello del periodo Edo (1603-1868), invece, non c'è più traccia, ma rimangono le mura, il fossato e gli imponenti cancelli di ingresso.
Quel giorno c'era un bel sole e nulla lasciava presagire che potesse cambiare, soprattutto perché nessuno aveva pensato di consultare le previsioni meteo.
Passeggiavamo, lasciandoci attrarre dalle caratteristiche del giardino che presentano sempre tre elementi: oltre alla presenza di alberi e cespugli curati, in cui è determinante la mano dell'uomo, troviamo l'acqua, che nel nostro caso è arrivata anche dal cielo. Non mancano mai i laghetti e i ci sono canali artificiali, le rocce, disposte in modo da apparire naturali, le statue e le creature fantastiche che sono il ritratto del periodo storico. Sono rappresentazioni che anelano, secondo me, al misterioso, al sacro.
Avevamo poi sentito qualche timida goccia, a cui non avevamo dato importanza. Ci trovavamo a metà dell'anello che avremmo voluto percorrere quando, qua e là, sono spuntati ombrellini. È stato a quel punto che ci siamo guardati intorno alla ricerca di un riparo, ma, ahimè, ormai eravamo fradici. A nulla era valso rannicchiarsi per ridurre lo spazio esposto.
Ce la siamo siamo presa tutta. Purtroppo non ha smesso di lì a breve, come annunciato da Kakuta San, che ci accompagnava, e che a quel punto si era affidato alla previsione del telefono.
Al primo cenno di tregua, abbiamo ripreso a camminare. Lungo il viale, a pochi passi, appena oltre la lieve curva, è apparso un capanno, con tanto di servizi igienici e premure varie per turisti, come il cesto con gli ombrelli.
Ci siamo guardati tutti negli occhi, senza dire nulla. Poi qualche rimbrotto è sfuggito, ma non troppo serio.
La visita ai giardini imperiali, oltre a essere stata un'esperienza divertente, è stata per me interessante per poter respirare la loro idea di giardino. Quel voler imitare la natura, che come scopro, è espressione anche di sentimenti e di fragilità umane.
I giardini imperiali, nello specifico, sono stati realizzati per soddisfare soprattutto un gusto estetico.
Il parco rimane bello da visitare in primavera quando i ciliegi sono in fiore, per contemplare l'hanami, la fioritura appunto, detta anche sakura.
La pioggia è stata un imprevisto. Ringrazio Kakuta San per il suo impeccabile riguardo nei nostri confronti.
Anna Arietti
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