"Un tempo c'era vita nel piccolo gruppo di case - dice -. Nell'incrocio, già un po' distante dal centro del paese, c'erano almeno sei botteghe. All'inizio di via Paruzza c'era il negozio di alimentari della famiglia Regis, che dapprima si trovava su via Martiri nello stabile accanto all'attuale banca. Il negozio era nato con mia mamma, Maria Conti, che dopo un anno lo aveva ceduto a Lucia Regis. Lei era originaria di Netro. Proprio nell'incrocio, invece, c'era il negozio di scarpe della Carla Paschetto, che poi si è trasferita nei locali che c'erano, e ci sono ancora, al piano terreno del condominio Paola, al numero 49 di via Martiri".
"Sul lato opposto, fra via Martiri e via Sella, c'era un altro negozio di alimentari dei fratelli Dante e Flavio Corteccia. Il Dante aveva sposato la Speranza e in negozio era poi rimasta lei a gestire col Flavio".
"Dall'altra parte della strada, fra via Sella e Martiri, c'era al barbé, l'Aurelio Fattori. Era un brav'uomo, sempre allegro. Sapeva sempre tutte le novità. È mancato di recente. Di fronte al suo negozio, c'era il mio, di vendita e riparazione di televisori".
Nei locali in cui oggi c'è l'edicola, proprio nell'incrocio fra via Martiri e via per Castelletto Cervo, c'era ancora un negozio di generi alimentari.
"Era la bottega della Lina con il figlio Fernando. Io li frequentavo un po' tutti. A loro volta erano anche miei clienti".
"Mi viene in mente che non si usavano gli imballi di oggi. Il cibo veniva avvolto in una carta ruvida, "carta da zucchero" si diceva. Impacchettavano stringendo la carta su se stessa, partendo dai lati a salire. Era una confezione resistente. Tanti negozianti avevano il libretto, un quadernetto, uno per ogni cliente, su cui segnavano la spesa del giorno. A fine mese si faceva il conto e si saldava... chi poteva".
D'estate, di sera, era usanza portare fuori le sedie e ritrovarsi sul marciapiede a chiacchierare.
"Qualcuno sedeva anche sugli scalini delle case - prosegue -. Gli uomini di solito si ritrovavano davanti al negozio dei Corteccia. Un altro gruppo si ritrovava davanti alla casa dell'Albino e della Ebe. Ce la contavamo così, tutte le sere. Il vicinato si ritrovava. Le donne poi chiacchieravano anche tanto nei negozi. Era piacevole. Si stava come in famiglia. Ci si aspettava per parlare, per sapere le notizie di quello che succedeva".
Carla fa poi un balzo all'indietro, menzionando la situazione che si era creata all'inizio della Seconda guerra mondiale, che aveva cambiato le condizioni di vita.
"I negozi erano tristi. Le scansie erano vuote. Caffè, zucchero, pane, tabacco... si aveva diritto a poco ogni mese. Eravamo costretti ad andare all'araf", si diceva così. "andüma all'araf", a cercare cibo in nero. Andavo con papà, in bicicletta, fino a Buronzo alla ricerca di cibo nelle cascine. Trovavamo frutta, verdura, uova, burro, legumi, riso e farina. Qualcosa si trovava sempre. Prima di immetterci sulla strada principale, la provinciale, dovevamo controllare che non ci fossero posti di blocco dei militari tedeschi o dei repubblicani. Ci avrebbero requisito tutto e avremmo avuto dei seri guai. Finita la guerra, nel 1945, la ripresa era stata veloce. C'era lavoro per tutti. I telai della vallata di Mosso giravano a pieno regime e nascevano tante piccole aziende. La gente comprava e vendeva ed era allegra. Sentivo spesso canticchiare, anche lavorando. Quando poi sono arrivati i primi supermercati, le botteghe ne hanno risentito e un po' alla volta hanno chiuso. Non lavoravano più".
Anna Arietti
L'articolo è stato pubblicato su "La Provincia di Biella.it" - 21 maggio 2022
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