di Sergio Marucchi
A San Giacomo del Bosco, presso il bivio fra le attuali via Repubblica e via 2 Giugno (SP 142), si nota il rudere di un caseggiato, in parte ricoperto da un glicine rampicante: si tratta dell’antica Osteria di S. Antonio che rimase attiva per più di 120 anni.
Il nome era legato ad un dipinto presente sul muro dell’edificio rappresentante S. Antonio abate, ora scomparso. L’edificio corrispondeva probabilmente alla “Cascina Guado”, citata nel 1809, che sorgeva presso il guado sul torrente Ostola (il ponte fu costruito soltanto nel 1843). Nel 1827 Benedetto Cagna di Castelletto Cervo ottenne dal Comune il permesso di aprirvi un’osteria, che nel 1835 fu ceduta a Francesco Marucchi-Danna, originario di Rongio. Si trattava di una “osteria con stallaggio”, dotata di un’ampia stalla dove gli animali da tiro (cavalli e muli) potevano riposarsi ed essere rifocillati. Il locale era molto frequentato da carrettieri e commercianti, perché si trovava sulla direttrice Biella - Gattinara e sulla via per Vercelli; un tempo lungo le principali vie di transito sorgevano numerose osterie, quasi come le stazioni di una “via crucis” dove i conducenti dei carri si sentivano in obbligo di fermarsi ...a volte spendendo per il vino buona parte della somma guadagnata con la vendita delle loro merci.
In questa fotografia di Alfonso Sella del 1963 è ancora ben visibile il dipinto raffigurante Sant'Antonio abate |
Un’altra categoria di avventori del locale era rappresentata dai contadini di Masserano che andavano a coltivare i campi della Baraggia e vi facevano sosta perché il paese distava non meno di quattro chilometri. Pur essendo piuttosto trafficato, il luogo era comunque isolato ed esposto al rischio di visite sgradite. Sappiamo ad esempio che nel 1849 l’osteria fu vandalizzata “da vari soldati fuggiaschi dopo la battaglia di Novara” che causarono ben 800 lire di danni: Margarita Marucchi, vedova di Francesco aveva presentato richiesta di risarcimento all’Intendenza della Provincia di Biella, ma nel 1851 attendeva ancora di essere soddisfatta.
Un’altra categoria di clienti pericolosi erano i briganti che infestavano la Baraggia depredando i carrettieri e che a volte bussavano in piena notte alla porta, pretendendo di avere un piatto di minestra e un litro di vino! Dopo la morte di Margherita nel 1867 la gestione passò a suo figlio Giovanni Marucchi, e poi alla figlia di questo, Angela detta ”Angilòt”, che tenne l’osteria con il marito Emilio Lanza.
Nel 1933 si festeggiò il “centenario” (interpretando erroneamente come “1833” la data 1835 incisa su di una lastra di pietra): nel cortile fu imbandita una tavolata con 220 commensali, fu allestito il “balpalchèt” ed arrivò persino la giostra “pé ‘nt al cül” per i giovani! La famiglia Lanza tenne l’osteria sino ai primi anni ‘50 del secolo scorso, poi la affittò ad una famiglia bresciana, i quali chiusero definitivamente nel 1958-1959.
Testo di Sergio Marucchi
Immagini di Enea Grosso
Nessun commento:
Posta un commento