Testo e immagini di Enea Grosso
La Spelonca dell'Ales non è un rifugio qualunque: è il cuore di un uomo a cielo aperto che si è fatto tutt'uno con la roccia, è uno spirito bambino che ha scolpito il suo sogno nelle pietre.
Benvenuti a Coggiola!
Per arrivare all'imbocco dei sentieri che conducono al Monte Barone e ai rifugi sparsi sulle sue pendici, bisogna arrampicarsi con l'auto lungo le curve dello stretto nastro d'asfalto attraverso varie frazioni del paese - Biolla, Viera, Rivò. La strada è costellata di cappelle ben tenute e di graziose biciclette colorate li poste per ricordare la ciclo-scalata tra Viera e Coggiola, nata una cinquantina d'anni fa (come riporta un articolo di Notizia Oggi del 2017). Lungo lo stesso percorso si svolgeva anche una gara di sedie a rotelle.
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La frazione di Rivò faceva parte del Principato di Masserano |
Parcheggiamo l'auto in località Piane di Rivò, nei pressi della strada sterrata che conduce al Rio Cavallero e alla Bocchetta Foscale...
...e la nostra passeggiata ha inizio.
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In alto: il Rifugio e ristorante La Ciota, da cui passeremo al ritorno del percorso ad anello. |
In pochi minuti raggiungiamo il ponte del Rio Cavallero (se ne seguissimo il percorso raggiungeremmo il Santuario del Cavallero a valle, bella meta di merende e di bagni estivi)......e c'inerpichiamo lungo il sentiero a destra (andrebbe bene anche proseguire a sinistra lungo la sterrata, la salita è in agguato qualunque sia la scelta)...
...verso Cappella Foscale sulla bocchetta...
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Il Monte Barone di Coggiola e il Cornebecco (o Cornabecco) a destra |
...dove il Monte Barone è pronto ad essere immortalato in un'abbondante serie di scatti.
Proseguiamo dritti (al ritorno imboccheremo invece il sentiero che scende a destra) scendendo dolcemente verso il bosco passando accanto alla fontana della Formica...
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Il sentiero che imboccheremo al ritorno (verso il rifugio La Ciota e Piane di Rivò) |
...e all'Alpe Ranzola...
...fino ad un bivio. A questo punto saliamo lungo il sentiero G-1A in direzione Rifugio Monte Barone, che però non è la nostra meta: oggi ci fermeremo alla Spelonca dell'Ales.
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In alto a sinistra s'intravede il capanno degli attrezzi, sulla destra la spelonca. |
Raggiunto il poggio che la mia guida mi aveva già indicato dal basso, abbandoniamo il sentiero che prosegue verso il Monte Barone e giriamo a destra. Siamo arrivati nel regno cui l'Ales di Viera ha dedicato almeno quarant'anni della sua vita.
Appollaiata sull'estremità della terrazza c'è la casetta degli attrezzi...
... e pochi metri più avanti ecco il rifugio nella roccia. Il padrone di casa oggi non c'è, ma il mio amico Piero mi dice che la porta è aperta per tutti e che possiamo entrare. Ales sarebbe contento e se ci fosse c'intratterrebbe volentieri con i suoi racconti.
Entriamo quasi in punta di piedi, perché non è un rifugio qualunque: è un nido di roccia che questo valligiano creativo e tenace ha creato prima di tutto per sé, il suo sogno scolpito nel cuore della montagna.
La cucina è accogliente ed ordinata, il soppalco per dormire è delizioso, con la piccola finestra affacciata sulla valle. Ma la cosa che più cattura la mia attenzione è il registro dei visitatori.
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Il soppalco |
Per la compilazione ci sono delle regole: bisogna scrivere chiaramente il proprio nome e tra un messaggio e l'altro ci dev'essere una greca, come quelle che si disegnavano alle scuole elementari sotto ai compiti. Su di un ripiano a destra c'è la scatola dei pastelli colorati a disposizione degli ospiti.
Sul tavolo c'è il registro numero 8 con in copertina il titolo "La Spelonca, Fantasia di Roccia". Lo sfoglio e tra i messaggi dei visitatori balzano all'occhio quelli in rosso scritti in nitidissima calligrafia dal padrone di casa.
Leggendoli si aprono piccole finestre sul suo quotidiano: le tecniche e gli arnesi per spostare i massi e lavorarli (questo aspetto per me ha dell'incredibile per un uomo solo o con l'aiuto occasionale di qualche amico!), la Pasqua in solitudine e dettagli che rivelano un animo puro e bambino, che mette da parte argani e funi per salvare una mirauda dalle sassate dei passanti.
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Il sentiero che dalla Spelonca sale verso il rifugio del Monte Barone |
Uscita dal rifugio, m'infilo nella piccola cava lì accanto: mancano solo i Sette Nani con la piccozza ad aggiungere al luogo un ulteriore pizzico di magia. M'incuriosisce una grande pietra appoggiata alla parete: che nasconda l'ingresso ad una galleria? Ad una cantina? L'immaginazione ormai vola, in questa "fantasia di roccia" così ben organizzata con tanto di servizi igienici e acqua tiepida.
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Dettagli importanti: maniglia per la pietra sopra al canale di scolo |
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Ales in una foto appesa nella Spelonca |
Durante la discesa, la mia guida mi indica una croce sul Monte Gemevola, dove fu portata a spalla come voto da un valligiano.
Ripassiamo dall'Alpe Ranzola e dalla Fontana della Formica...
...e giunti alla Cappella Foscale giriamo a sinistra,,,In testa c'è un montanaro dalla lunga barba e i capelli bianchi: è l'Ales! Per un attimo vorrei parlargli, ma non oso: il suo sguardo austero e il passo deciso in salita mi trattengono. "Grazie, Ales!", dico tra me. "Grazie e buon rientro a casa".
P.S.: Grazie a Piero Cerruti Prinzi per avermi fatto da guida sulle sue montagne
Grazie per questa testimonianza , un bellissimo ricordo per noi che amiamo il Monte Barone , ma soprattutto Ales e la sua Spelonca
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