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mercoledì 15 settembre 2021

Il francoprovenzale "da nos auti"



di Anna Arietti

In Val d'Ala si parla una delle lingue storiche del Piemonte, il francoprovenzale, e per saperne di più, incontriamo il professor Giorgio Inaudi, classe 1949, già insegnante e dirigente di una fondazione con finalità filantropiche, volontario per cinquant'anni del soccorso alpino; oggi è memoria storica e stimatore della cultura valligiana.

"Parlavo il francoprovenzale con mia nonna, ma sono nato a Torino - ci dice -. Di solito i bambini imparano la lingua della mamma, o di chi ne fa le veci. Esattamente il francoprovenzale è un patois, un dialetto. Noi diciamo che parliamo "a nostra moddà", "da nos auti", perché varia da una borgata all'altra, anche da una famiglia all'altra. Si sposa sempre meno la ragazza della porta accanto e quindi la lingua si perde. Le persone di Balme fra di loro parlano il patois e con i forestieri si esprimono in piemontese, oggi maggiormente in italiano".

Il francoprovenzale deriva dal latino, utilizza la grafia francese e si parla anche a Bessans, sul versante opposto delle Alpi Graie. La Haute Maurienne e la Val d’Ala sono separate da montagne, ma sono storicamente collegate per il contrabbando, lo scambio di merci, come sale, farina per fare la polenta e capi di bestiame e, va da sé, che nascano anche legami di amicizia, il che spiega l'unione linguistica fra le due valli.

"Di recente abbiamo pubblicato un dizionario e, caso vuole, la stessa cosa l'hanno fatta a Bessans - aggiunge ancora -. Loro però sono una generazione avanti, conservano la lingua meno di noi. Ad esempio, in patois e in piemontese, diciamo "müda", l'abito della festa, ma loro non ne conoscevano il significato".

Comunque a delineare il profilo della valle non è soltanto la lingua, ad accomunare i suoi abitanti è la ricerca del benessere. "Conta se canti, se vai in montagna, se scii, se sai bere una bottiglia di vino senza andare sotto il tavolo, se giochi a carte e se sai spaccare la legna senza farti male. Vali per quello che sei. Cosa fai nella vita non importa".

Mica per nulla Giorgio Inaudi ricorda di far parte di un gruppo di messaggistica chiamato "Villa Arzilla", a evocare le case di riposo, di fatto composto da amici che condividono la passione per le camminate e le polentate, nel più genuino spirito della valle.

Anna Arietti
(testo e immagini)




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