La prima volta, mea culpa, manca un documento. La seconda, dopo un'attesa di venticinque minuti all'addiaccio fuori dalla porta, quando sto per premere il pulsante sul totem che assegna il numero elimina-code, una voce forte di donna mi dice: "No, ferma! Deve uscire". Come? - dico io -. "Sì, l'ufficio chiude alle 12.35, ora sono le 12.37. L'ufficio è chiuso" -. La guardo con gli occhi così aperti che potrebbero uscirmi dalle orbite. Non ci credo. Tento la supplica. La voce con tono perentorio intima di nuovo di uscire.
Oggi è il terzo tentativo. Mi presento con largo anticipo sull'orario di chiusura e finalmente rivedo il dito sul pulsante elimina-code. Ottengo il numero 109, accanto sorride una faccina tipo emoticon, quando un'altra voce di donna intima a tutti i presenti di sostare esclusivamente sui pallini rossi segnati sul pavimento: "Gli altri - sottolinea alzando il tono - attendono fuori". Guardo i miei piedi. Caspita! Sono sul pallino e c'è proprio scritto: "Attendi qui".
I punti di stallo sono collegati fra loro da una linea rossa. Gli utenti in attesa ricordano i segnalini dei giochi da tavolo. Siamo pedine, rappresentiamo una posizione sul percorso.
Raggiungo l'ultimo punto tappa e il mio turno allo sportello, quando noto un'altra fila di pallini, questa volta di un verde brillante ben distanziati fra di loro, che portano all'uscita.
Dovrò forse seguirli saltando da uno all'altro. Sì, certo; farò così.
Anna Arietti
(testo e immagini)
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