È la piccola pasticceria affacciata sul viale alberato di via Galliari ad Andorno Micca, in Alto Piemonte, che mi porta a scrivere.
Scostata la porta mi arrivano il profumo della bruciatura dello zucchero caramellato e un gradevole tepore. Il pasticcere con grembiule e cappellino bianchi giunge subito dopo. Sbirciando sul biglietto da visita, leggo Paolo. Lo sento cortese e paziente. Di lui mi rimane un'immagine luminosa, mentre fuori le tonalità sono quelle del grigio di un giorno d'autunno senza sole.
Chiedo un vassoio di pochi etti e tentenno sulla selezione dei pasticcini. Paolo segue il mio dito puntato sulla vetrinetta: indico i baci ricoperti, le palline al cocco e i biscotti di pasta frolla ripieni alla pasta di mandorle, sapori che alla fine sceglierò.
L'operazione di incarto porta a scambiarci pensieri sul periodo che stiamo vivendo, che richiede più determinazione e buona volontà di quanta già se ne metta di consueto, per via del Covid, dell'economia barcollante e dello scoramento che attanaglia le persone.
Noi però abbiamo il nostro momento, formiamo la convinzione che quello del pasticcere sia un lavoro di grande responsabilità. La dolcezza in fin dei conti produce istanti belli, solitamente condivisi; porta il sorriso nelle case e di conseguenza, aggiungo io, la speranza nei cuori. Ci guardiamo: è una riflessione che fa sentire bene.
Fuori attendono alcune persone. Ci salutiamo, ma quella è la squisitezza che ricorderò alla sera prima di addormentarmi. Spero anche lui, anche nei giorni a venire.
Anna Arietti
(testo e immagini)
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