Possiedo una vasta collezione di fotografie del Cielo, circa quarant'anni di scatti. Pubblicarli tutti è improponibile, ma anche sceglierli non è stato semplice.
Mi accompagnano nell'esposizione le intuizioni della poetessa Enea Grosso, perché: "Le poesie sono fiori che camminano (...) che lasciano il cielo per stare con te"*, e lo scrittore Gianni Rodari, "intellettuale meraviglioso**", perché "il cielo è di tutti".
Il cielo riesce sempre
a stupirmi
persino al parcheggio
del supermercato
- alzo il mento
e l'occhio senza fiato
è già perso
in quello spazio immenso
in cui vivono le nuvole
e respirano la quiete
di altezze senza fine.
Rimango con la spesa
a mezz'aria
e in quella calma azzurra
si placa l'inquieto
vociare.
(di Enea Grosso, "- spesa a mezz'aria -"
"Nell'antichità, e per tutto il Medioevo, si riteneva che il cielo fosse fatto di cristallo, di un elemento trasparente e incorruttibile, che Platone e Aristotele chiamavano 'etere'. Osservando lo spostamento dei pianeti, pensavano che il cielo fosse composto da più strati e che i vari pianeti fossero collocati su delle rispettive sfere in movimento, simili ad orbite, ognuno incastonato come una gemma in una di esse. Le sfere, concentriche tra loro, al cui centro si trovava la Terra, venivano chiamate 'cieli', e ciascuna prendeva il nome dal pianeta che trasportava: il cielo della Luna, il cielo di Mercurio, quello di Venere, del Sole, di Marte, di Giove, di Saturno. Allora i pianeti conosciuti erano sette; anche la Luna e il Sole erano considerati pianeti, mentre la Terra non lo era. All'esterno di tutti, c'era un ottavo cielo, detto "delle stelle fisse", nel quale erano fissate le stelle più lontane; i teologi medievali aggiunsero inoltre un nono cielo, detto 'Primum mobile', e infine l'Empireo, sede di Dio. Si riteneva che ciascun cielo venisse mantenuto in movimento da gerarchie di angeli, chiamati anche intelligenze motrici. Dell'antica cosmologia medievale rimane l'espressione 'essere (o salire) al settimo cielo', che significa 'raggiungere il massimo della felicità". Fonte it(punto)wikipedia.org
Quando sono arrivata nel mondo
non sapevo nulla,
non sapevo del cielo
a portata di mano
- non c'erano al riguardo
istruzioni col bagaglio -
e frugavo per terra
stancavo le dita
bruciava la testa,
credevo che una mano
più lesta
si fosse già presa il cielo
tutto quanto
- una mano più bella,
più grande di quella
della stella di Aladfar
posata tra le ali
per guidarmi in volo.
(di Enea Grosso, "La mano di Aladfar")
Qualcuno che la sa lunga
mi spieghi questo mistero:
il cielo è di tutti gli occhi
di ogni occhio è il cielo intero.
È mio, quando lo guardo.
È del vecchio, del bambino,
del re, dell’ortolano,
del poeta, dello spazzino.
Non c’è povero tanto povero
che non ne sia il padrone.
Il coniglio spaurito
ne ha quanto il leone.
Il cielo è di tutti gli occhi,
ed ogni occhio, se vuole,
si prende la luna intera,
le stelle comete, il sole.
Ogni occhio si prende ogni cosa
e non manca mai niente:
chi guarda il cielo per ultimo
non lo trova meno splendente.
Spiegatemi voi dunque,
in prosa od in versetti,
perché il cielo è uno solo
e la terra è tutta a pezzetti.
(di Gianni Rodari, "Il cielo è di tutti")
* Da "Le poesie sono fiori che camminano" pubblicata il 28 febbraio 2019 https://www.baffidigatto.com/2019/02/le-poesie-sono-fiori-che-camminano.html? m=0
** Definizione di Vanessa Roghi, nell'articolo uscito su internazionale(punto)it il 14 aprile 2020 in occasione del centenario della nascita di Gianni Rodari
Segnalo anche:
Sotto lo stesso cielo (fotogallery)
http://www.baffidigatto.com/2018/07/sotto-lo-stesso-cielo.html
(In un giorno di vento) di Enea Grosso
http://www.baffidigatto.com/2016/04/in-un-giorno-di-vento.html
http://www.baffidigatto.com/2018/07/sotto-lo-stesso-cielo.html
http://www.baffidigatto.com/2016/04/in-un-giorno-di-vento.html
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