Qui di seguito vi proponiamo un articolo scritto per la rivista "Inner Trip" dell'associazione culturale internazionale di ispirazione buddista Reiyukai (rei,anima, spirito, yu, amico, amicizia, kai, associazione, da cui "associazione per l'amicizia spirituale"). Grazie alla Signora Teiko Goto, direttrice dell'ufficio di Milano, Anna Arietti ed io abbiamo avuto l'opportunità di partecipare ad una settimana di seminari (su temi quali come migliorare se stessi, la propria vita familiare, il proprio ambiente di lavoro) nella sede centrale di Tokyo e nel centro congressi Mirokusan, a tre ore circa dalla capitale.
Quanto segue è un resoconto di impressioni dopo questa immersione totale nella cultura giapponese e nello spirito dell'associazione così come è vissuto e sentito nel suo luogo di origine.
Il Reiyukai fu fondato a Tokyo dal Signor Kubo Kakutaro (1892-1944) e dalla Signora Kimi Kotani (1901-1971) per aiutare la gente a riprendersi dal grande terremoto del 1923 e dalla crisi economica e morale che ne seguì. Il testo alla base della filosofia dell'associazione è il Sutra Blu, una scelta di brani tratti dal Sutra Triplo del Loto.
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Ragazze in kimono al Kaminarimon |
Il breve periodo trascorso in Giappone con Teiko e Anna
(compagna di viaggio perfetta e membro
del Reiyukai da un anno e mezzo circa) è stato un pellegrinaggio, un momento d’importante introspezione, una ricerca
quotidiana di frammenti di luce tra i cassetti dell’anima intasati di polveri
vecchie, residui di un passato da ripulire per il proprio bene e quello dei
propri cari e dei propri antenati.
E’ stato cosi dalla vigilia della partenza e in ogni
attimo.
A rendere l’esperienza così intensa ha contribuito un
elemento per me assolutamente insolito:
la condizione di malattia.
Adoro viaggiare, e fino a quest’estate ero sempre partita
con una valigia piena di abiti colorati, un libro, salute pressoché perfetta e
tanta energia. Non potevo immaginare che avrei affrontato un volo di 12 ore e
una settimana di programma intenso senza essere al meglio di me, piegandomi
docile alle esigenze del corpo/mente. Guardando indietro mi domando come questa esperienza abbia fatto ad essere, nonostante tutto, così bella.
Ripenso a quando mi alzavo la notte ed andavo a camminare fuori dalla stanza e
mi sdraiavo sui divanetti soffici del corridoio con le luci sempre accese, per
non disturbare Teiko e Anna; e ridevo tra
me e me, pensando:”E se ci sono delle telecamere?! Penseranno che Teiko
si è portata gente ben strana, dall’Italia!”. Cosa che avranno sicuramente
pensato quando il portiere (sospettando
forse un nostro tentativo di fuga?) ha telefonato a Teiko in camera,
avendoci viste girovagare in cortile in ciabatte, pigiama e accappatoio alla ricerca disperata
delle docce, alle 10 di sera: ( Devo dire che le docce erano nascoste davvero
bene e in un posto originale: tre piani
più in basso, nello scantinato accanto alla mensa … Anche i giapponesi sono
fantasiosi quasi quanto gli italiani, se vogliono! Ce l’abbiamo fatta solo con
l’aiuto di una gentilissima nuova amica del sesto Shibu, Naoko, che ancora
ringrazio – la doccia, dopo 12 ore di volo e una giornata piena, è una calda carezza degli dei).
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L'imponente Shakaden |
E’ probabile che, fin dall’esordio di questo viaggio, il
Budda Mayatraya, dall’alto della montagna, abbia lanciato una sottilissima
corda di luce per tenermi in piedi e permettermi di arrivare fin lassù; o che a
farlo sia stato il minuscolo budda in nuce dentro di me. In ogni caso,
lungo tutto il percorso c’è stata un’invisibile fune d’oro a guidarmi, a
guidarci.
All’arrivo a Narita ecco ad aspettarci Teiko e
l’impeccabile Kakuta San, nostro perfetto e paziente angelo custode per tutto
il tempo. Sembra incredibile: sono di
nuovo a Tokyo, dopo un anno.
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La Tokyo Tower vista dal 52mo piano di Roppongi Hills (foto di Anna Arietti) |
Sapevo che non sarebbe stato possibile alloggiare presso
la Gazembo House (legata a ricordi bellissimi con Serena e Lorenzo l’estate
scorsa)…ma non pensavo che fosse stata distrutta! Al suo posto, e al posto di
tanti edifici attigui, un grande cantiere in previsione del 2020: anno delle
Olimpiadi e dei 100 anni del Reiyukai. Veniamo ospitate nella sede centrale,
all’ombra dello Shakaden. Le stanze sono tutte in stile giapponese: si dorme
sul tatami, non ci sono armadi per gli abiti, c’è un’unica stanza da bagno
comune al pianterreno (aperta solo la sera e la notte), c’è un orario di
rientro serale da rispettare, non c’è un luogo in cui cucinare come nella
Gazembo House – struttura semplice che però concedeva assoluta indipendenza.
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Tokyo in fermento in previsione dei Giochi Olimpici del 2020 |
Dopo un lungo viaggio accompagnato da malessere fisico
(anche per Anna, i problemi di salute ci
accomunano, in questa esperienza), dire che l’impatto è duro sarebbe troppo; ma
senza dubbio un impatto c’è. Nello stesso tempo la voce della fune d’oro dentro
di me mi ricorda che quasi sempre, all’inizio di un viaggio, molti dettagli che
all’ inizio sembrano ostili dopo poche
ore profumano di aria di casa. Kakuta San fa comparire dal suo cilindro magico
un bollitore, bicchieri di plastica, un impiegato vorrebbe aprirmi le docce già
alle tre del pomeriggio, ma gli dico che non è necessario. So che a sera tutto
diventerà casa. Uchi ni imasu.
Nel pomeriggio ci aspettano Roppongi San, shibuchoo della nostra sezione del Nono
Shibu, e la moglie. Sono contenta di rivederli e di poter mostrare ad Anna la
loro deliziosa casa con una stanza bellissima tutta dedicata all’altare degli
antenati. Il quartiere di Asakusa in cui si trova nulla ha a che fare con la
moderna Tokyo: tutte casette con minuscoli giardini, piccoli negozi, in una
piazzetta il delizioso museo dedicato allo poetessa Higuchi Ichiyo (ringrazio
Roppongi San per avercelo fatto scoprire lo scorso agosto!).
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Ls poetessa Higuchi Ichiyo (ritratto esposto all'Ichiyo Memorial Museum). Il volto di Ichiyo dal 2004 appare sulle banconote da 5000 yen . |
Il giorno successivo ritroviamo Roppongi San per recarci al
cimitero di Tama (Tama bochi, il più
grande cimitero del Giappone) a rendere omaggio alla tomba del co-fondatore del
Reiyukai (con Kimi Kotani), Kubo Kakutaroo.
Un momento toccante e formale e un gesto di grande gentilezza nei confronti di
noi ospiti. Dopo un ottimo pranzo, il pomeriggio prevede un programma di
tutt’altro tipo: la visita al Museo Ghibli
(uno dei più visitati della città) creato dal regista di cartoni animati
Miyazaki Hayao.
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Tama bochi |
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Al Museo Ghibli non si entra senza prenotazione... |
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... e bisogna prenotare mesi prima! |
Essendo questa stata una
mia richiesta (sono rimasta affascinata dalle creazioni di Miyazaki dopo aver
visto La Città Incantata, pura poesia sotto forma di cartone animato), quando
mi rendo conto del contrasto tra la formalità del mattino e la leggerezza del
pomeriggio, avverto un lungo momento d’imbarazzo ( e Anna ride, ride come non
l’ho mai vista ridere): praticamente sto obbligando l’austero Signor Roppongi
(e tutta la delegazione) ad entrare nel regno della fantasia, un posto per
bambini e adulti bambini! Ma per fortuna tutti sorridono e mi assicurano che
anche per loro sarà interessante scoprire un luogo di Tokyo famoso che nessuno di loro aveva mai visto. La
gentilezza e il garbo dei membri del Reiyukai sono il leitmotiv che accompagnerà
ogni momento della nostra settimana, e sarà particolarmente gradita durante il weekend al
Monte Miroku: evento centrale di queste giornate, impegnativo (per noi
occidentali) un po’ per la distanza da Tokyo e soprattutto perché comporta una
completa immersione nel cuore della cultura e nel Reiyukai così come è vissuto
in Giappone.
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La pagoda al Mirokusan |
Non inviterei chiunque a condividere l’esperienza al
Monte Miroku, che richiede un minimo di adattamento, di arrendevolezza
interiore nel lasciar andare i propri schemi europei riguardo alla convivenza
in spazi comuni, ai modi dell’ospitalità, al cibo , al fatto di dormire in 27
sui materassini adagiati sul tatami nella stessa grande stanza; e richiede
altresì pazienza e respiro nell’ascoltare ore di testimonianze attraverso una
traduzione che a tratti si perde (il tempo di concentrazione è tantissimo anche
per l’interprete che ci segue il sabato e la domenica e ci fa anche da sostegno
e da guida per impedirci di commettere i classici errori da italiani all’estero
in una comunità quasi perfetta, scandita da regole e orari precisi). Ciò che rende tutto fluido
e quasi semplice è, come già accennato, la gentilezza spontanea, la pazienza,
la disponibilità ad accogliere i nostri goffi errori senza giudizio, il sorriso
sempre pronto, luminoso, confortante. Senza dubbio non è il nostro mondo, non
potremmo, noi italiani, vivere costantemente con questo tempo perfettamente
scandito, in questa fetta di mondo perfetta; ma per questo sabato e questa
domenica anche questo luogo è diventato casa. Anche qui sento “uchi ni imasu” e dico “grazie, grazie di
cuore per la vostra pazienza, domo
arigatoo gozaimashita”. Qui più che
mai è molto chiaro il significato della parola reiyukai: associazione per l’amicizia spirituale.
Durante i seminari, ciò che mi colpisce è l’energia dei
giovani oratori, la loro passione, la loro determinazione a migliorare la loro
vita, a seguire esempi positivi. Ogni loro parola nasce dal centro dell’addome,
come se stessero recitando il sutra, da cui traggono quotidianamente forza. Mi
colpisce la loro capacità di adattarsi umilmente e sorridenti a ruoli diversi.
camerieri, lavapiatti, facilitatori ed accompagnatori, portieri, oratori.
Bravi, davvero bravi. Traducono in azione quotidiana lo spirito del sutra, come
dev’essere. Quanta maturità nella loro giovinezza, nei loro abiti sobri. E poi
li vedo, dopo che il ristorante è stato pulito, giocare, gridare allegri, fare
foto buffe come i più spensierati ragazzi del mondo, felici di divertirsi. E’
un piacere, sono quasi commossa. Forse il mondo è già salvo, perché la Terra,
nel suo adattamento climatico di difesa e riadattamento ai nostri veleni, non
potrà inghiottire uomini e donne così, no. Farà di tutto per salvarli così come
loro, semplicemente tenendo pulito il loro cuore, stanno salvando lei.
Quest’anno la salute m’impedisce di partecipare alla
processione che lungo la scalinata bianca conduce ai piedi del mausoleo
dedicato a Kimi Kotani. Raggiungo il tempio superiore nel pulmino con Anna e
Teiko.
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Il Budda Mayatraya nella grande pagoda. |
L’attimo culminante delle due giornate è l’accesso al
cortile interno in cui svetta la grande pagoda, visibile solo parzialmente fino a quando non si varca
la soglia che la rivela in tutta la sua elegante maestosità. Siamo tra le
ultime della fila. Ci viene concesso di fermarci più a lungo dell’anno scorso
davanti alla vetrata dietro a cui lo spazio è dominato dall’imponente statua
del Budda Mayatraya, quello che tutti possiamo diventare, il Budda dentro di noi. Che
espressione aveva Mayatraya quando lo hai guardato?, ci chiedono. Una serena
severità, un’austera calma. Lo sguardo
che vedi in lui è quello che tu hai verso di te.
Nel cuore dello Shakaden a Tokyo ci aspetta un altro momento importante: l’apertura della grande
statua dorata del Budda storico, Shakamuni,
un onore nei confronti di noi ospiti di cui forse, imbevute della nostra
cultura, non ci rendiamo conto appieno. E’ il Signor Roppongi a guidare la
recita del sutra durante la cerimonia. E qui ci accoglie il saluto della
Signora Murata, shibuchoo del Nono Shibu.
Prima del pranzo seguono le foto di rito davanti alla
grande bocca dello Shakaden: struttura
moderna dalla bellezza inquietante, simile ad un drago dormiente pieno di segreti, enorme
eppure nello stesso tempo perfettamente nascosto tra i grattacieli a pochi passi dalla Tokyo Tower. Nel
pomeriggio l’ultimo momento ufficiale, e stavolta le protagoniste siamo noi,
Anna ed io: è il momento del feedback finale attorno al tavolo con la Signora
Murata, Teiko, i coniugi Roppongi, Kakuta San e il nostro
traduttore..
Sia Anna che io diciamo apertamente tutte le nostre
impressioni, sperando che nessuna delle nostre parole possa offendere in alcun
modo i nostri ospiti.
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Due passi in kimono al Kaminarimon |
Nel tempo che resta cerco di mostrare ad Anna il poco che
conosco della città.
In compagnia del Signor Kakuta siamo state al Kaminarimon
e ai giardini imperiali. Io la accompagno al Tempio Zojoji, in cui una parte dell’ampio cortile è
occupato dal toccante e coloratissimo cimitero dei bimbi nati morti.
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Cappellini colorati e fiori per le tombe dei bimbi nati morti |
Proseguendo poi attraverso un parco attiguo attraversiamo un boschetto da
fiaba, tutto illuminato con piccole luci dorate, per arrivare infine alla Tokyo
Tower.
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Alberi d'oro al The Prince |
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Tokyo Tower |
Un altro luogo, scoperto l’anno
scorso grazie a Lorenzo, è l’area di Roppongi Hills, anche questo facilmente
raggiungibile a piedi dallo Shakaden. Arriviamo all’imbrunire e l’elegante via
principale è in festa: bancarelle e una folla di uomini e donne in kimono. E’
un bagno nei colori, nella seta, nelle luci, che culmina al cinquantaduesimo
piano del grattacielo di Roppongi:
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Atmosfera di festa a Roppongi Hills |
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Danze e karaoke in kimono |
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La Tokyo Tower vista dall'altro di Roppongi Hills |
Il panorama dalla vetrata è semplicemente
fiabesco. Anna è felice ed io lo sono per lei. Ai piedi del palazzo, due passi
più in là dalla festa karaoke di kimoni che danzano e cantano, ci sdraiamo
sull’erba immerse nella pace di un piccolo parco. Davanti a noi un grande
albero sovrastante un minuscolo laghetto e un tavolino a cui siedono due
ragazze in kimono, ridendo e scherzando coi loro cellulari in mano, in uno
splendido quadro in cui antico e moderno si fondono in un unico bellissimo
cuore.
(Testo di Enea Grosso per "Inner Trip"; foto di Enea Grosso e Anna Arietti)
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Giardini Imperiali dopo la pioggia (foto di A. Arietti) |
P.S.: "shibuchoo" significa letteralmente "capo di shibu"; gli "shibu" sono i vari gruppi che compongono il Reiyukai e noi eravamo ospiti del Nono Shibu, presieduto a livelli diversi dal Signor Roppongi e dalla Signora Murata.
"San" = Signor, Signora
"Uchi ni imasu" = sono a casa, mi sento a casa
"Doomo arigatoo gozaimashita" = il grado più onorifico per dire "grazie".
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Asakusa |
http://reiyukaiglobal.org/