Fernanda, dove mi porti? "Andiamo dalla Briciola".
Attraversiamo la strada e costeggiamo i fiori da lei piantati nel tempo, varietà perenni. Per ognuno c'è un pensiero: "Questi sono di montagna. I semi me li aveva dati il Tiglio. E sono i miei preferiti".
Si sorregge con il bastone che batte il passo. Indossa un cappello lavorato a maglia rosso e bianco e una sciarpa verde leggera. Ama i colori brillanti che le donano un tocco di finezza sbarazzina
All'ombra della casa l'aria è frizzante. Sa di autunno. Fernanda apre la porta, entra, versa del cibo nelle ciotola e inizia a chiamarla: "Bricciolaaa, Bricciolaaa... Bricciola!" - ma della gatta nulla.
Dopo qualche minuto, Fernanda riprende a chiamare il felino che compare dall'alto, dal fienile. Scende i pioli della scala in legno con passo svogliato. Sbadiglia. Poi vede me e fugge verso il prato.
Fernanda la chiama ancora e la micia si fa coraggio, con la pancia che tocca quasi terra, le orecchie leggermente rivolte all'indietro e senza distogliermi lo sguardo, supera velocemente il punto in cui mi trovo e infila la porta.
"Oh, t'è rivà", le dice.
Ha il manto color crema, tigrato. È insolita, particolarmente bella.
Lasciando il cortiletto, mi spiega che arriva da una cascina ed è selvatica: "Non si fa accarezzare, ma mi fa ugualmente compagnia. Tzè, son pumè n'armanac - sai, sono soltanto più una pasticciona ". Non le credo; scrive poesie e racconti che la tradiscono.
A giorni compirà novant'anni. Ama le rime, e con l'ultima che recita sul momento, fa il verso all'amico: "Caro Fiorino, il 6 ottobre la Fernanda ne fa novanta, ma tu, non dirlo a nessuno, l’8 ne fai novantuno".
Anna Arietti
testo e fotografie
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