Intorno, castagni dai ricci prorompenti, faggi, frassini, betulle da un lato e il declivio scosceso, le Mologne sullo sfondo, dall'altro. Tutti ad attenderla.
"Provo invidia - dico, alzando la voce affinché le arrivino le parole -. Vorrei anch'io correre qui".
Lei pronuncia ancora passi lunghi, senza troppo affanno. Le braccia oscillano appena e tiene le mani vicine al petto. Colpisce il suo bel viso luminoso. Ha 72 anni, dove esattamente non lo so. Delineo il fisico di un'atleta sotto a una tutta chiara, abbondante. Soltanto i capelli canuti le impediscono di liquidare il trascorrere del tempo.
"Pensa - mi rimbecca, come se avesse raccolto il pensiero -. Una volta correvo tutti i giorni e facevo ginnastica in casa. Alla fine ero talmente magra che le persone credevano fossi ammalata. Ho capito che dovevo rallentare. Ma il corpo ricorda. Riconosce l'attività fisica e oggi mi sostiene bene. Smetto di correre soltanto d'inverno quando la temperatura scende sotto i quattro, cinque gradi, per via del gelo che mi dà fastidio ai polmoni".
"Sì, nulla libera la mente come la corsa. Neppure la camminata" rispondo io. Lei annuisce. Sorride e sorride ancora, anche con lo sguardo. Ci capiamo. È lucidità. Leggerezza. Poi la invito a riprendere il passo o si raffredda.
Anna Arietti
(testo e fotografia)
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