Si chiama Anna Raviglione, insegna all’Istituto tecnico “Eugenio Bona” di Biella e di recente si è proposta al pubblico con un testo storico, scaturito “dal cuore” e apprezzato dalla critica, “Soldato Salza Renato, l'eroismo e l'umiltà. La storia di un sopravvissuto alle campagne di Albania e di Russia”, edito da “Tra le righe libri”.
“Francamente mi sento una persona normalissima, una ex bambina che amava scrivere e che oggi insegna, l’altro mio pallino - spiega -. Le circostanze e la famiglia mi hanno costretta a seguire un percorso di studio che non amavo. Con l’appoggio di mio marito, virgola - sì, te lo dice proprio, confermando la propensione all’insegnamento -, mi sono iscritta al corso di laurea in Lettere. In breve e certamente con l’aiuto di nonna dal cielo, sono diventata di ruolo nella scuola che frequentavo da ragazza. Il sogno di poter scrivere invece ha preso forma quando è mancato papà. Spinta dal dolore ho iniziato a rivedere gli appunti del protagonista del libro, che è stato una figura importante della mia infanzia. Renato, o Renino, come l’ho sempre chiamato, mi ha regalato momenti di allegria e di levità indimenticabili”.
È l’amore il punto d’appoggio sostanziale della creatività e dell’ambizione che Anna usa per sollevare il mondo e non soltanto il suo, attraverso la scrittura.
“Come dico ai ragazzi a scuola, è la passione che induce a non arrenderci. E sono i sogni ai quali diamo valore, per i quali ci diamo da fare, che prima o poi si avverano. La felicità per me è arrivata il giorno in cui Pino Scaccia, il giornalista a cui avevo spedito una copia del libro, mi ha inviato la prefazione scritta di suo pugno; un apprezzamento senza pari”.
L’opera è stata presentata la primavera scorsa a Biella e al Salone internazionale del Libro di Torino. “Il testo riflette una parte inscindibile di ciò che sono. I palpiti della mia anima credo si avvertano sin dalle prime pagine, in cui emerge il ritorno a un passato doloroso e anche tenero. Colui che considero un secondo papà, attraverso le sue memorie, catturate non senza difficoltà e con l’ingenuità di me bambina, mi ha trasmesso la consapevolezza che il dolore svela. L’anima di Remino non si è snaturata di fronte alle atrocità subite in tempo di guerra. Scrivere un volume sulla sua straordinaria odissea, che gli avevo anche un po’ promesso, è stata una sorta di riscatto per lui, che era abbastanza reticente nel raccontare, e per me. Nell’azzurra bontà dei suoi occhi vedevo scorrere le immagini dei combattimenti che non voleva dipingere. Certi avvenimenti credo che non me li abbia mai svelati anche per pudore. Definisco quella sua sensibilità la ‘delicatezza del silenzio”.
Determinante però, nel percorso di Anna, è stato l’incontro con Pino Scaccia. “Per raccontarla tutta e sono orgogliosa di poterlo fare, il rapporto con Pino è nato dalla fiducia che ha riposto nel mio scritto senza neppure conoscermi; un motivo in più di soddisfazione. Adesso siamo amici, ma il giorno in cui sono andata a prenderlo alla stazione, perché avremmo presentato insieme il libro, a stento ci siamo dati del tu e abbiamo definito l’ora dell’incontro. Avevo una bella dose di timore nell’accostarmi a lui davanti a tante persone. Pino invece diceva ‘scatta foto che l’editore è contento’. È un pensiero più leggero, ma ci aiuta a ribadire che la società in generale non è malvagia, non è negativa come a volte ce la dipingono, dobbiamo soltanto trovare il bandolo della matassa e la chiave di lettura per me è stata Pino”.
La fiducia funge da grimaldello, quindi ci sarà un secondo libro? “Essendo donna, il tempo è delimitato da mille incombenze; non so quando verrà alla luce, ma mi piacerebbe parlare di donne, del ruolo femminile nella storia, del modo in cui abbiamo contribuito in modo determinante alla realizzazione di una civiltà vivibile. È un progetto ambizioso che voglio coltivare ancora con passione, quella che serve per riuscire, per crescere. Come ripeto ai ragazzi a scuola: non dobbiamo credere a chi dice che non si deve sognare, neppure quando mancano aiuto, stima e denaro. Alla meta si arriva lavorando sodo, usando il cuore, come fa il mio maestro Pino, definito ‘reporter con l’anima’, che la dice lunga sul suo modo di intendere la professione. Io ho raggiunto l’obiettivo dopo i cinquant’anni, ma dentro vi assicuro è come se fossi nata ora”.
testo di Anna Arietti
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