domenica 21 maggio 2017

La felicità si coltiva


I bambini nascono ottimisti e hanno una grande capacità di reagire alle situazioni spiacevoli. Perché allora gli adulti si perdono spesso d’animo, si scoraggiano fino talvolta a smarrirsi nella negatività? Del resto è anche vero che la felicità non si compra in farmacia e non si può neppure essere sempre di buon umore. A fare un po’ di chiarezza, con una spiegazione che arriva dritta al cuore, è Letizia Espanoli, assistente sociale con esperienza trentennale nella formazione socio sanitaria, intervenuta ieri sera, mercoledì, al Centro incontro di Cossato.

“Se le persone sane non sono in grado di vivere la felicità, pensa a come si sentono coloro che convivono con una malattia. È questo il punto che stimola ad approfondire cosa dice la scienza intorno al sentimento della felicità - spiega -. Normalmente i bambini nascono ottimisti, hanno un’innata propensione a vivere la vita con fiducia e sanno reagire velocemente agli eventi negativi. Immaginiamo quando viene a mancare un genitore, la loro resilienza è straordinaria. Non si abbattono più di tanto perché spiegano l’accaduto senza drammatizzarlo. Sanno che il loro papà, o la mamma, è in cielo, in un posto bello. Il bambino quindi supera il lutto meglio di un adulto. Questo perché il pessimismo si apprende nel corso della vita. È un modello culturale”.

Le parole di Espanoli si rifanno agli studi dello psicologo americano Martin E. P. Seligman, il quale scopre che in qualche modo la positività corrisponde all’essere fiduciosi nella vita, ma è il processo in cui cresciamo che ci toglie delle abilità, che invece da piccoli possediamo.

“Seligman dice però anche una cosa molto bella, che le persone possono essere allenate nuovamente all’ottimismo; lo dimostrano gli studi. Quello che stiamo facendo noi, dunque, è proprio questo: mettere insieme le ricerche per imparare a vivere meglio. Esprimere curiosità, ossia il desiderio di andare oltre a quello che vediamo, significa già aver voglia vincere la paura e di conseguenza di essere felice. A volte invece non si osa, o si teme il giudizio altrui, o semplicemente non si segue quello che ci dice il cuore. Perché l’essere umano, istintivamente, sa cosa fare per essere felice e la curiosità è l’elemento da allenare per riuscirci, come pure la creatività. Per molto tempo le persone hanno creduto che non servisse essere creativi, che bastassero gli artisti, invece è la creatività che interviene quando c’è un problema e che ci fa trovare la soluzione”.

Anche il cuore ha poi una sua intelligenza, addirittura superiore a quella espressa dal cervello. A dirlo è sempre la scienza.

“È dimostrato che i messaggi che partono dal cuore e vanno verso il cervello sono di molto superiori a quelli che fanno il procedimento inverso - prosegue -. Non dobbiamo dunque lasciarci sopraffare dai tanti, troppi, pensieri, molti dei quali in genere sono pure negativi. Si dice che per essere felici dobbiamo imparare ad apprezzare, a vedere la bellezza che c’è intorno a noi, ma anche dentro di noi. Molto importante è avere la testa nello stesso punto in cui si trovano i piedi, altrimenti rischiamo di perderci il bellissimo tramonto che abbiamo davanti soltanto perché ci siamo chiusi nei nostri pensieri. Seligman parla di gratitudine. Ha notato che con semplici esercizi si aumenta la percezione della propria felicità del 25-30%. Ad esempio, ogni sera si può fare l’esercizio delle dieci dita. Per ogni falange si pensa ad una situazione piacevole accaduta durante la giornata. È un’attività semplice, che si può fare anche con i bambini, esperti di felicità. Tutto questo per dire che basta lasciare andare alcune sovrastrutture della cultura in cui siamo cresciuti per comprendere che, tutto sommato, la felicità è possibile sceglierla. Non si può però neppure essere sempre felici. Le emozioni non sono una malattia, anzi, vanno vissute. Quando ci sentiamo tristi o malinconici, non dobbiamo andare subito dal medico, ma capirci, perché le emozioni sono un segnale che ci chiama a cambiare”.

Si riassume così il confronto sviluppato da Letizia Espanoli nell’ambito della serata “#giorni felici”, che è anche il titolo del suo ultimo quaderno, scritto a quattro mani con Martina Bonafini, che dà vita ad un modello culturale e terapeutico chiamato “Sente-Mente”, presentato nel Biellese con i laboratori di Emanuela Petit e Anna Collobiano.


Anna Arietti



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