sabato 23 dicembre 2017
“Che buntà le michëtte d’pan méglia”
"Si facevano soltanto d’inverno quando c’era la stufa a legna accesa - racconta Fernanda, 88 anni -. A Cossato le vendeva il Gino panaté, che aveva il negozio vicino al ponte sullo Strona.
lunedì 18 dicembre 2017
Il “falò dla bundansia” di Rongio
sabato 9 dicembre 2017
Haiku d'inverno
Monti di luna,
superstrada di notte
- haiku d'inverno.
(Enea Grosso)
Moon on the mountains,
highway at night
- a winter haiku.
****************
Lo haiku - forma poetica giapponese risalente al sedicesimo secolo - è formato da tre brevi strofe di 5-7-5 sillabe.
La cosiddetta 'superstrada' - ben nota a tutti i biellesi - è una delle principali vie d'accesso a Biella e termina ai piedi delle montagne.
venerdì 8 dicembre 2017
Triban d'inverno
Il cielo un tappeto di blu
rastrellato dal vento.
Sul lago gelato disegna
bellezza l'inverno.
Saggio
discernere l'oro
tra i cocci
del freddo.
(Testo e immagini di Enea Grosso)
The sky a blue carpet
raked by the wind
On the icy lake
Winter draws beauty
Wise is the man
who tells gold
from the fragments
of cold.
The sky a blue carpet
raked by the wind
On the icy lake
Winter draws beauty
Wise is the man
who tells gold
from the fragments
of cold.
(Enea Grosso, words & images)
Il triban è un'antica forma di poesia celtica. in cui due brevi strofe rappresentanti fenomeni naturali o paesaggi sono seguite da una sentenza finale.
Nelle immagini: il lago del Mucrone e la cappella in cima al Monte Camino (Oropa, Biella)
The triban is an ancient form of Celtic poetry. in which two short stanzas representing natural phenomena or landscapes are followed by a final sentence.
In the pictures: the Mucrone lake and the chapel on top of Monte Camino (Oropa, Biella)
martedì 5 dicembre 2017
venerdì 1 dicembre 2017
Solo verbi
Cadi
ti dibatti
ti rialzi,
combatti.
Rinsavisci
ed uccidi
il morire.
Respirando
- il gioire
perdonando
assapori.
Enea Grosso
Una sedia affacciata sulla luce
Una sedia affacciata sulla luce
Il tempo è scandito
da una mela
e l'ultimo morso
mi conduce
tra le braccia
della brace
del giorno.
(Testo e immagine di Enea Grosso)
venerdì 24 novembre 2017
Un panino e un bicchiere di vino
mercoledì 15 novembre 2017
“Profumo d’autunno” al Ricetto di Candelo
Le rue del Ricetto di Candelo, in provincia di Biella, ogni prima domenica del mese, nello specifico la seconda per ovviare alla pioggia, ospitano il mercato dei produttori agricoli.
sabato 28 ottobre 2017
Salviamo i passeri
Il passero, uno dei pochi uccelli che pressoché tutti sanno riconoscere, sta sparendo dalle città e anche dalla campagna. Il campanello d’allarme scatta a livello nazionale e desta attenzione sotto il profilo ambientale, in termini di conservazione dell’avifauna italiana. Quali sono le cause? Ci sono rimedi? Agli interrogativi risponde l’ornitologo biellese Lucio Bordignon.
sabato 7 ottobre 2017
Nel paese
Per la strada non incontri nessuno, ma è solo apparenza. Tutti ti vedono e presto tutti sapranno tutto di te, facendoti sentire al sicuro.
giovedì 5 ottobre 2017
domenica 1 ottobre 2017
Non c’è giorno e non c’è notte
Determini il trascorrere del tempo dai suoni. Dai passi che si avvicinano alla porta e proseguono fino a esaurirsi in uno spazio indefinito.
lunedì 18 settembre 2017
Una vita trascorsa al rifugio Elisabetta
venerdì 15 settembre 2017
lunedì 28 agosto 2017
Un regalo della vita
Il treno passa, e si ferma ogni ora, perché la stazione di Salussola è punto di scambio sulla linea regionale Biella/Santhià, anche se non esistono più la sala d’aspetto e tutti gli altri servizi. A farne le veci in termini di accoglienza però, dall’inizio di agosto, è di nuovo il Bar Trattoria “Stazione”. Il ristoro, che già agli inizi del Novecento era famoso per i suoi caffè, oggi si ripropone in una vesta rinnovata e con una storia da raccontare.
sabato 26 agosto 2017
Una storia tutta biellese
La bottega di Montesinaro
Situato a poco più di mille metri d’altezza, è uno dei negozi di generi alimentari più “in quota” del Biellese. Per arrivarci percorri sentieri in ciottolato, scalini in pietra o, per scegliere la via più agevole, attraversi il parco giochi, come indica il cartello.
mercoledì 23 agosto 2017
Come una pietra piccola
venerdì 11 agosto 2017
giovedì 10 agosto 2017
Due passi nel Biellese al Santuario della Brughiera
Il Biellese ai piedi del Santuario della Brughiera |
"Il vero tesoro non è necessariamente nascosto in posti lontani, ma in luoghi che altri non hanno notato".
(Claudio Lamparelli, Le piccole illuminazioni, Oscar Mondadori)
Mi piace andare alla Brughiera in tutte le stagioni.
Luogo perfetto per un ristoro dall'afa estiva nel prato tra i due santuari - quello grande, del '600 e quello più antico e più piccolo del XIV secolo - con gelato o polenta serale sotto al pergolato del Castagneto, e meta ideale per lunghe camminate nelle giornate più fresche e in qualsiasi periodo dell'anno. Ci troviamo nel Biellese, tra i comuni di Mosso e Trivero, a due passi dall'Oasi Zegna.
mercoledì 9 agosto 2017
La Fata della Brughiera (di Enea Grosso)
Le fate
dei boschi della Brughiera tra Mosso e Trivero, come tutte le fate del mondo
non provavano forti emozioni come gli umani. Perciò quando un uomo o una donna
violavano – anche inconsapevolmente – certe zone vietate del bosco o
trasgredivano alle regole della Natura e non rispettavano gli alberi, le fate
li punivano prontamente e in vari modi, a seconda della gravità del fatto.
Fiori nei boschi accanto alla Conca dei Rododendri a Trivero (Bi) |
Non che di solito facessero loro davvero del male; però li spaventavano a morte e li abbandonavano in stato confusionale ai margini di una radura se erano fate miti, nel cuore del bosco se erano più agguerrite e cattivelle. Spesso giocavano con la loro memoria confondendo i loro ricordi e li rimandavano in paese in uno stato tale di euforia da creare scandalo e imbarazzo. Come capitò ad esempio al giovane Franco, che, dopo aver strappato con noncuranza alcuni ranuncoli per noia – le fate cercavano di tollerare chi ne raccoglieva per farne un mazzolino con buone intenzioni – fu immediatamente cosparso di vino di felce e lasciato ubriaco e confuso (e anche molto felice, bisogna dirlo) ai piedi di un grande faggio lungo il sentiero principale. Quando si svegliò era totalmente euforico, come se si fosse scolato dieci litri di Barbera e due di Grignolino, e tornò in paese cantando a squarciagola che era innamorato della ragazza più bella della valle e che sarebbe stata sua. Così, urlando e saltellando piombò nel bel mezzo di un banchetto nuziale in corso alla locanda del Castagneto; e alla vista della sposa nel suo elegante abito nero di pizzo, si slanciò su di lei e la baciò appassionatamente, provocandone lo svenimento ( il danno minore) e scatenando le ire dello sposo e di tutti gli invitati, comprese le donne. Guai se non fosse intervenuto il Lindo, il saggio nonno dello sposo, che avendo riconosciuto lo zampino delle creature dei boschi salvò il malcapitato dall’ospedale.
Al Castagneto alla Brughiera |
Di fatti
del genere ne erano già capitati, anni addietro. A volte succedeva che la
persona colpita dall’incantesimo si smarrisse per giorni e giorni, destando
grande preoccupazione nei familiari. Il pericolo era che, camminando nel buio
in stato confusionale, scivolasse lungo
un dirupo o cadesse in una luvera a
far compagnia ai disgraziati lupi lì intrappolati.
Quando
capitavano queste cose, per un po’ tutti si ricordavano di avere il massimo
rispetto per qualsivoglia forma di vita dei boschi: nessuno più strappava fili
d’erba e fiori con superficialità, nessuno incideva le cortecce; e i boscaioli
si inchinavano agli alberi e li ringraziavano prima di procedere al taglio. Per
un po’ di mesi – anche per un anno e mezzo – tutto andava bene; ma poi si ritornava alle vecchie abitudini e tutto
ricominciava da capo. C’era anche chi lo faceva apposta per provocare le
bellissime fate dei boschi, così restie a farsi vedere dagli umani, e, se lo facevano, di solito era
solo per meglio sbattere loro in faccia tutto il loro disprezzo.
Lungo il sentiero a due passi dal Santuario della Brughiera |
Accadde
che un giorno un anziano viandante proveniente da Vercelli, in preda alla
tristezza essendo rimasto vedovo da poco, piangendo strappasse alcune
margherite accanto alla pietra su sui
era seduto. Mentre ne strappava i petali
uno ad uno ricordando il giorno in cui aveva conosciuto sua moglie cinquant’anni
prima, nei pressi si trovava la giovane fata Jamil. Era appollaiata tra i rami
di un castagno alle sue spalle. Secondo le regole del bosco avrebbe dovuto
punirlo immediatamente. Era pronta con la sua bacchetta alzata sopra alla testa
del malcapitato; ma qualcosa la fermò. Una voce sconosciuta dentro di lei le
suggerì che no, non era giusto; che prima di decidere se colpirlo o meno doveva
sentirne il cuore.
Così Jamil
ascoltò le sue parole spezzate tra i singhiozzi. Per sentirle meglio chinò la
sua piccola testa invisibile, ma un battito disperato la fece rimbalzare all’indietro.
Aggrappandosi al suo mantello nero, appoggiò di nuovo l’orecchio sul suo petto,
e che ondata di dolore, amore, affetto la
investì in pieno viso scompigliandole i capelli biondi. Le emozioni si
muovevano tutte insieme simili ad una treccia adagiata a spirale attorno ad un
centro calmo in cui brillava qualcosa: un viso tondo e sorridente di donna che a tratti aveva i capelli candidi come la neve raccolti a
cipolla - come usavano le donne sposate
del villaggio - e poi dopo un attimo li aveva castani e
sciolti come una ragazza, e le lacrime dell’uomo li bagnavano e li
accarezzavano. “La mia cara Lidia” ripeteva a mezza voce. E ad un certo punto
si chinò a raccogliere i petali delle margherite che aveva strappato e li posò
con grande cura sulla pietra formando un grande cerchio, una margherita
gigante. “Piccole margherite…Grazie, Lidia. Ovunque ci sia un petalo di
margherita, io so che sei tu a mandarmelo per darmi conforto. Ora però vola
libera tra le margherite del Cielo”.
Jamil
sentì qualcosa che le infastidiva la gola. Deglutì. Era scossa. Le era persino
scivolata a terra la bacchetta magica, perché si era chinata per accarezzare il capo del vecchio. Mentre la
sua piccola mano invisibile sfiorava i suoi radi capelli bianchi, sulle labbra
dell’uomo spuntò un sorriso; mentre su quelle di Jamil era svicolata una
lacrima, poi due, poi tre, seguite da altre compagne.
“Ma … cosa mi succede, cosa sono queste gocce? Non
può essere un pianto … solo gli uomini piangono! Non ho mai visto piangere una
fata!”. Le fate provavano solo emozioni molto blande. Erano distaccate dalle
vicende umane. Non che fossero superficiali: erano fatte così. Un modo d’essere
molto utile per tenere a bada la rozza popolazione della Terra, tutto sommato.
Più cercava
di cacciare indietro le lacrime, più le inondavano i grandi occhi grigi con
maggior forza, come un torrentello birichino. Ne scesero così tante che
bagnarono il muschio, scivolarono lungo le felci e caddero nel rivolo lì
accanto, che buttandosi nel torrente poco lontano le trasportò a valle, fino al
castelli di Buronzo e Rovasenda e fino alle risaie del vercellese,
attraversando mezza baraggia.
Jamil
non se ne avvide, per fortuna, o avrebbe chiesto alle radici del castagno di
strangolarla all’istante. Soffiò nelle narici del vecchio una polvere magica –
cosa che avrebbe dovuto fare subito per ipnotizzarlo
- e lo spinse dolcemente giù lungo il
sentiero che conduce alla frazione Sella, fino ad un cancello imponente davanti
ad una casa signorile con un grande giardino. Lasciò che si accasciasse lì
davanti. Ci fu un latrare di cani seguito da alcune voci. Prima di risalire
verso il sentiero, si girò ancora. “Mamma, assomiglia tanto al nonno che è
volato via … chissà chi è!”. La giovane
fata sapeva che il vecchio era in buone mani e proseguì verso il bosco. Ma
appena si fu allontanata fu sopraffatta dalla vergogna. Come aveva potuto! Cosa
le sarebbe successo! Doveva sparire! E di nuovo sentì quel terribile groppo
alla gola e ne fu spaventata: guai, guai se qualcuno l’avesse vista! Sarebbe
stata radiata dal bosco, gli gnomi l’avrebbero
derisa per l’eternità, le fate l’avrebbero schernita e le avrebbero tolto il
saluto. Disperata e non sapendo cosa
fare, attraversò il bosco, andò oltre il ponticello di legno e il Villaggio dei
Tessitori e si rifugiò tra i rovi di una conca della montagna dove non passava
mai nessuno, disabitata, dimenticata persino dai folletti che si infilavano
dappertutto.
Il sentiero nel bosco dalla Brughiera alla Conca dei Rododendri |
Con la gola e il cuore
gonfi al punto da scoppiare, Jamil si gettò al riparo dei cespugli incolti e
spinosi e lasciò che quel terribile peso si sciogliesse e la liberasse. Poi
cadde addormentata, esausta. Rimase lì tutta la notte.
Nel
frattempo di felce in felce, di pietra in pietra, fino ai sottili steli di riso
delle campagne dorate si era sparsa la voce che miste all’acqua di montagna c’erano
migliaia di lacrime di fata: un evento rarissimo e atteso da migliaia di anni,
un segno dei tempi che stavano radicalmente cambiando, un segno di fiducia da
parte della Fata Suprema della Natura nei confronti degli uomini e delle donne,
ormai pronti ad un’enorme evoluzione
delle loro coscienze. Era segno che le creature del bosco erano disposte a
collaborare con loro – non più rozzi incivili da comandare a bacchetta
(magica!) e da punire senza tregua. Era tempo di una riconciliazione. Si
trattava una grande possibilità che la Fata Suprema concedeva loro, ergendoli da
sciocchi burattini ad esseri consapevoli e responsabili.
Jamil
non sapeva d’aver contribuito ad un
passo tanto importante, lasciandosi trasportare dalla compassione. Però, quando
si svegliò – era quasi l’alba .- non
poté credere ai suoi occhi: dove si trovava? Aveva camminato nel sonno?
Qualcuno l’aveva rapita e trasportata nel paradiso delle fate? Il versante della montagna era
ricoperto da centinaia di cespugli di giovani rododendri che crescevano a vista
d’occhio zampillando dalla terra come sorgenti colorate. La fata era felice. Sentiva d’ essere stata l’inconsapevole causa
scatenante di un processo sepolto da
secoli nelle segrete della Terra, in attesa che qualcuno ne girasse la chiave.
La Conca
dei Rododendri – magnifica nel mese di maggio – esiste ancora oggi, come anche
la fonte che per prima accolse le magiche lacrime di Jamil, ora una fontana nel
prato della Brughiera all’ombra dell’ippocastano, dove i viandanti sono sempre
ben accolti purché in cuor loro s’inchinino alla bellezza del luogo, di ogni sua creatura e di ogni filo d’erba.
Prato alla Brughiera |
Testo e foto di Enea Grosso
P.S.: Il Santuario della Brughiera e la Conca dei Rododendri sono a Trivero (Biella), nella zona dell'Oasi Zegna.
martedì 8 agosto 2017
Le favole ci aspettano
giovedì 3 agosto 2017
La Trappa, luogo da vivere
Una festa è per ricordare, ma anche perché abitare un luogo è farlo rivivere. È partendo da questo presupposto che la giornata dedicata alla Trappa di Sordevolo, che quest’anno si è svolta l'ultima domenica di luglio, diventa un momento di condivisione di un percorso di recupero dell'edificio, in cui si racconta la storia del territorio biellese guardando al domani.
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