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venerdì 7 ottobre 2016

Il “capunit”, o “capunet”, di Callabiana


Con l’incredibile produzione di 3.880 “capunet”, la Pro loco di Callabiana ha ancora una volta fatto centro. La sagra dedicata all’involtino biellese, che si è svolta il primo fine settimana di ottobre, ha portato il paese di nuovo al centro dell’attenzione nel panorama delle manifestazioni gastronomiche, dopo i festeggiamenti di agosto.

Il “capunit”, o come si dice più a valle “capunet”, si rifà alla tradizione del territorio. E’ un piatto povero, molto gustoso, che affonda le origini nella civiltà rurale. I primi cucinati dalla Pro loco, trecento appena, risalgono al 1974, come fa sapere uno dei “camerieri” più canuti. Per preparare gli involtini dello scorso fine settimana, a mano ovviamente, si sono dati da fare una trentina di volontari, iniziando la lavorazione giovedì. Ma la ricetta qual è? “Non ne esiste una versione soltanto – hanno commentato in cucina, girando la ‘frittata’ per non rivelarla – Ogni famiglia ha la sua. Anticamente si faceva il capunit per non sprecare gli avanzi di cibo e poi, siccome nell’orto un cavalo c’era sempre, se ne utilizzavano le foglie per avvolgere il composto, che in seguito si fa friggere. Si serve classico, al naturale, o nella variante con la salsa di pomodoro. Oggi chiaramente non è più fatto con gli avanzi, ma il piatto continua a raccogliere grandi consensi”. “Non è una questione di segreti – ha sbottato il sindaco Lorenzo Vercellotti, avvolto in un grembiule da cuoco -. Mettiamola così: siamo gelosi della nostra ricetta”. La discussione si è risolta con diplomazia, lasciando la formula di Callabiana arrotolata nel suo sapore unico ed inimitabile.

Alla cena, proposta su prenotazione, hanno partecipato centoquaranta persone. A fine serata si è svolta una piccola lotteria, la cui raccolta di fondi verrà devoluta alla popolazione che di recente è stata colpita dal sisma, come ha spiegato Paola Vercellotti : “In palio abbiamo messo dei cestini di funghi – ha detto -. L’idea nasce dall’intenzione di aiutare un amico di Amatrice. Si chiama Antonio; ha fatto l’obiettore di coscienza nel nostro paese negli anni 1986/87. Appena arrivato da noi, trovandosi così isolato, avrebbe voluto fuggire, invece è poi nata una bella collaborazione e siamo rimasti legati. La notte in cui c’è stato il terremoto, il nostro primo pensiero, come comunità, è andato a lui, la cui casa per fortuna è stata soltanto danneggiata. Il ricavato della lotteria, con altri fondi che abbiamo avuto modo di raccogliere, li consegneremo direttamente a lui, affinché li destini dove ce ne sarà bisogno. È un modo per restituire quanto ci ha dato trent’anni fa”.

Una curiosità. In cucina, fra i fornelli a fare il cuoco, c’era anche Matt, un olandese in pensione, che da quarant’anni possiede una seconda casa in paese e che non perde mai neppure un’edizione della sagra. Addirittura è stato indicato come una delle colonne portanti del gruppo. Del presidente della Pro loco, Ivo Strona, invece non si è vista neppure l’ombra, pare fosse in cantina, alle prese con cosa, esattamente non è stato dato di sapere. Ad intrattenere con un’accattivante proposta musicale dal gusto rètro hanno provveduto le voci di Alessandra Garbarini e di Franco Garizio. È stata una serata mossa dall’armonia, di una comunità vivace. Prima di lasciare la sagra si è avvicinato un giovane, con tanti capelli, che non ha voluto dire il nome, ha però chiesto una menzione: “È su prolococallabiana.it che noi carichiamo tutti gli aggiornamenti sulle iniziative – ha detto -. Se potesse citarlo ci farebbe piacere”.

Anna Arietti
(testo e immagini)














pubblicato su BiellaCronaca – il 3 ottobre 2016 

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