“Il fiume è molto cambiato. E'
troppo inquinato; nessuno se ne prende più cura - commentano gli
uomini che si incontrano sulla sponda del Po, in un caldo pomeriggio
d'estate -. In alcuni punti del fondale c'è tanta sabbia. Lo hanno
sfruttato male, senza rispetto, e certi ancora lo fanno. Le regole
dovrebbero essere uguali per tutti, ma non è così”. Si avvicina
una piccola barca a motore con una persona a bordo. Tutti si voltano
a guardare. “Ecco. La vede quella – me la indicano con il dito -. Si dovrebbe pescare con una canna e invece guardi quante ne
ha”. In effetti sono tante, cinque, forse anche sei. “Il pesce
gatto nostrano è ormai sparito - proseguono aggiungendo ognuno un
pensiero -. Ogni tanto si pesca quello americano. Ci sono poi cefali
e siluri. Un altro problema sono i pescatori di frodo, che escono di
notte”.
L'acqua scorre placida, ma sconsigliano
di entrarci, almeno in quel tratto, nella zona di Ficarolo, in piena
pianura Padana, ma anche a Boretto, sempre sulla riva destra, dove ha
sede il porto turistico fluviale più importante della regione, la
situazione non cambia e le opinioni che raccolgo sono le stesse.
Incontro un uomo sulla settantina che si occupa di un piccolo club
nautico, un attracco privato. “Siamo parecchi soci, ma tanti
arrivano soltanto per le vacanze estive, o neppure più per quelle - mi spiega -”.
Le cicale cantano con insistenza, il sole picchia forte, l'aria è appiccicosa e lui gronda di sudore, ma pare non soffrirne. Deve amare davvero molto il Grande fiume.
“Purtroppo non è navigabile, almeno non qui; ci sono troppi punti dove l'acqua è profonda appena un metro. Questo tratto – aggiunge, compiendo un mezzo giro su se stesso per indicare l'area - lo conosco bene e saprei portarla, ma altrove no. Assolutamente no. Serve l'attrezzatura che scandaglia”.
Me ne sto andando quando incontro
ancora una donna, che mi parla del Po come avrei voluto sentire fin
dall'inizio. Mi racconta di tre musei dell'acqua, in cui è
documentata la storia del Novecento borettese; dell'argine maestro
che separa il piccolo porto dal centro storico del paese e della
rigogliosa vegetazione presente nella golena, lo spazio che si trova
fra la sponda e il letto di magra del fiume, ovvero il terreno che
viene sommerso durante le piene.
“E' un peccato che se ne debba già
andare – dice prima di salutarmi -. Fra qualche ora il Po si farà
bello. Nell'acqua si rifletteranno i colori del tramonto. Ogni volta
che posso vengo a guardarlo e mi rilasso”.
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