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sabato 2 luglio 2016

Come dialogare con i bambini


Arricchire i percorsi didattici, introducendo la filosofia fin dalla scuola materna magari suona folle, ma è una risorsa educativa. Il metodo stimola la capacità di ragionare, come spiega Cristina Pasteris, 24 anni, originaria di Moncrivello (Vercelli), laureanda in Scienze della formazione primaria all'Università di Torino. 

La tesi che sta elaborando si concentra sulla formazione con l'ausilio della riflessione. Nell'anno scolastico che si è appena concluso ha insegnato alla scuola primaria di Quaregna (Biella). La laurea le permetterà di insegnare alla scuola dell'infanzia e di conseguire l'abilitazione per la scuola primaria. 

"Il percorso di filosofia con i bambini non va inteso nel senso stretto del termine, come disciplina, perché non si parla di filosofia - spiega -. Si creano dei gruppi di ricerca, in cui i bambini sono stimolati a indagare su domande filosofiche, che poi fanno da base a tutte le materie di studio, didattiche. Il metodo favorisce la motivazione, la curiosità autentica, oltre ad agevolare lo studio. Un bambino può pensare: 'chiudo il quaderno di matematica e apro quello di italiano', come se fossero materie distinte, invece la filosofia dà senso allo studio, crea unità. Lo strumento che si utilizza è il dialogo, in cui l'insegnante, dato un punto di partenza, un'impostazione, che può essere una parola, un testo, una canzone, un'immagine o un video, passa poi la gestione delle domande agli allievi. Il docente non si trova più a dispensare risposte, ma diventa un facilitatore. Fare filosofia non significa studiarla, ma praticarla, amare il sapere, la conoscenza, avere amore per la verità. Ci si abitua a cercare, anche se non si raggiungerà mai una sola risposta. È importante che i bambini imparino che l'insegnamento classico non è tutto. Si deve andare oltre a quanto si tocca e si dice, avere il gusto e la passione per la ricerca, sapersi confrontare con la realtà e con gli altri. La conversazione non può avvenire senza comprensione: è un farsi dell'una nell'altra".

Quanto è vero che le domande dei bambini non andrebbero mai messe a tacere, l'approccio del filosofare, del conversare, stimola il ragionamento, favorendo lo sviluppo cognitivo.

"La curiosità dei bambini va coltivata, a scuola e fuori. L'approccio riflessivo di cui parliamo ha come obiettivo il saper argomentare. Non si tratta soltanto di memorizzare dei concetti, ma di saper fare dei collegamenti. I piccoli mostrano entusiasmo, si danno da fare nella ricerca di significati, senza sentirsi sotto valutazione. Sono sereni; discutono liberamente. E' un approccio che produce grandi risultati in termini di comprensione del tema proposto. Nelle sessioni di dialogo il pensiero espresso non è mai giusto o sbagliato. Può accadere di essere in disaccordo, il che porta ad una condivisione di pensieri. Gli alunni imparano a riflettere, esplorare, osservare, confrontarsi, anche nel rispetto alle proprie esperienze, cercando di rievocarle e di condividerle".

I bambini sviluppano l'attitudine a fare domande e imparano a pensare e ad osservare anche in modo critico.

"Ad esempio - prosegue Cristina - facendo riferimento all'arte, una delle materie che ho insegnato, per spiegare i colori primari e secondari, ho utilizzato la storia di 'Piccolo blu e Piccolo giallo' di Leo Lionni, in cui le due macchioline, molto amiche, giocando si abbracciano e danno vita al colore verde. I due colori, non venendo più riconosciuti dai genitori, piangono fino a tornare delle loro tonalità originarie. La storia si utilizza per trattare temi come l'amicizia, l'identità personale, la consapevolezza di sè e il rispetto delle regole. Quando poi arriva il terzo amico, il rosso, si spiegano i colori secondari. Il testo è stato ben compreso, in quanto i colori sono facili da memorizzare. Infine si trae una conclusione su quanto si è condiviso. Ad esempio, sull'amicizia si è giunti alla definizione di stare insieme, essere felici".

È un processo di formazione induttivo, che in un certo senso responsabilizza, porta a crescere. Nel sistema scolastico italiano, come viene recepito il metodo della filosofia spiegato ai bambini?

"Nelle indicazioni nazionali, nelle competenze, c'è scritto che bisogna cercare di prefissare degli obiettivi di apprendimento, quali esplorare, osservare, fare domande, pensare in maniera critica, però questi aspetti spesso vengono tralasciati. La trasmissione del sapere avviene in modo molto diretto. Con la metodologia della filosofia ai bambini invece si riscontrano dei cambiamenti, in meglio. Il dialogo in classe sviluppa competenze chiave. Di solito non è una pratica molto utilizzata. I riferimenti culturali della filosofia come educazione del pensiero si rifanno a Matthew Lipman, professore di logica degli anni Settanta, che ne ha posto le basi. In Italia è stata introdotta di recente. A Cuneo, dove sto preparando la tesi, è molto sviluppata, perché c'è interesse per le metodologie didattiche innovative - conclude Cristina Pasteris -. Volendo ci sono obiettivi anche per docenti e ragazzi con difficoltà".


Anna Arietti
(testo)

Immagine di Cristina Pasteris

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