È seduta sulla poltrona, di fronte al camino spento. Alzarsi prende il suo tempo. Facendo girare la chiave nella toppa invoca pazienza. È un pomeriggio di fine autunno. Fernanda indossa un vestito bianco, porta le babucce, chiare pure quelle, decorate con le perline tipiche della tradizione marocchina, regalate dai vicini. Una famiglia che si è trasferita da poco. Le chiama le "barbi", forse intende dire "cherbil". Mi accoglie con un sorriso, come sua abitudine. Sta leggendo un libro fresco di stampa, che non conosco. Riesce sempre a sorprendermi.
Mi offre un bicchiere di aranciata, che apre sul momento; dice che la compra per gli amici che vanno a trovarla. Mi racconta le sue giornate mai troppo uguali. Lamenta solitudine, ma lo sento più un rito che un dato di fatto. Lo attestano le diverse bottigliette di bibite, vuote, allineate sul pavimento, pronte per lo smaltimento. Non manca un certo andirivieni, di cui parla volentieri. Il discorso cade poi su un argomento da pettegolezzo, una giovane coppia che conosce e che si sta separando. Si mostra dispiaciuta, ma riesce a dare alla conversazione un tocco tutto suo, che ancora mi stupisce.
"Un tempo - mi spiega - si stava insieme per tutta la vita. Almeno uno dei due, di solito quello che faceva la prima mossa - e sorridendo ammicca alla foto ingiallita del marito - si univa all'altro come l'edera al tronco di un albero; non lo lasciava più. Amava, nel bene e nel male. Oggi, le coppie sono come le ortiche, appena uno dei due sente un po' bruciare, scappa".
Dei suoi 86 anni, Fernanda conserva bei pensieri. Non riempie di nenie e di rimandi al passato senza un nesso. Nelle sue parole è chiaro il desiderio di rimanere a contatto con chi è anagraficamente più giovane. Una volontà che la tiene ancorata al presente. E, a volte, fa sentire me anziana.
testo e fotografia di Anna Arietti
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