“Bau! Bau! Huauuuu! Huauuuu!”
Doppio bau breve seguito da doppio guaito. Tutte le galline
riconobbero immediatamente il segnale: allarme arancione. Volpe in vista.
“Coococcocodè…meglio dormire al sicuro”, chiocciò ad alta
voce Gertrude, la capo gruppo.
“Uffa, però… con una notte d’estate così calda avrei
preferito addormentarmi sotto al pergolato”, si lamentò una pollastrella ancora
poco esperta della vita.
“A chi lo dici”, replicò Gegia mesta. “Mi ero già sistemata
nella bicocca comoda vicino al fienile”.
“Animo! Sbrigatevi! Poche storie!” esclamò Gertrude con un
tono che non ammetteva repliche.
“D’accordo che non è l’allarme rosso, ma meglio non
rischiare. Dopo che la Titina
si preoccupa per noi notte e giorno, che stupido sarebbe ignorare il suo
avviso! Sa quello che fa. Su, seguitemi in pollaio”.
“Miiiiaoooo! Mi pareva un guaito – come dire? – leggerino,
‘nevvero?, miagolò Micio Figaro con languida ironia. Fingendo di sbadigliare sbirciò
la Titina con
la coda dell’occhio. “Cos’è? Hai la raucedine? Hau-huau”, le disse, imitandola
ridacchiando.
“Non ho la raucedine”, replicò la cagnetta con aria austera
e risentita. “Cosa stai insinuando, Micio? Contati le pulci, invece di fare
ironia di terz’ordine. Fatti la toeletta e pussa via. Sciò! Sciò ! Sparisci”.
“Ooooooh! Ma come siamo su-scet –ti-bi-li stasera… Codina di
paglia, eh?!? M’era parso di sentire che stasera c’è il Ballo delle Pellicce Rosse alla Gran Quercia
della Baraggia…Non è certo notte da caccia alle galline, con tutto il ben di
Dio da mangiare alla festa…Ma magari avrò capito male, eh”. E ridacchiò sotto i
lunghi baffi.
“….Ehhhhmmmm, appunto. Con tutte le volpi invitate da boschi
vicini e lontani, non si sa mai. Meglio essere prudenti”, replicò la Titina assumendo
un’espressione da persona che sa il fatto suo.
“Eh già! Meglio spingere prudentemente quelle scioccherelle
nel pollaio al caldo, e liberare le cucce arieggiate e fresche per invitare i
cani cittadini in vacanza. Lo so, sai, che sono arrivati proooooprio ieri,
guarda caso …miao, miao , sìsssìsìsì! Mmmmiaooo…mihi hihi hi hi”. E scoppiò in
una risata miagolata alquanto irrispettosa.
“Ma cosa diavolo vai insinuando…Mi ricordo ancora di quando
sei finito - bagnato - nel mucchio di cenere, eri ridicolo! Ridicolo come
adesso! Lo stupido spettacolo di un gatto stupido.
Figaro strizzò l’occhio alla Titina.
“Dai, non prendertela, non ne farò parola. Però mi lasci il
posto sotto al pergolato. Il fieno mi impolvera il pelo del collo”.
“OK!" annuì la
TItina con aria complice, pregustando la nanna nella cuccia
estiva de-luxe della Gegia.
Pian pianino scese l’imbrunire sulla cascina e sul cortile, sul fienile ed
il pergolato.
Il Micio sedeva immobile come una morbida sfinge grigia sul
tetto del pollaio, le fessure degli occhi puntate verso l’infinito. Sotto alla
luce chiara della luna sembrava avvolto in una pelliccia d’argento. Era facile
pensare che i canti delle migliaia di rane nelle risaie venissero intonati in
suo onore.
“Certo che ha un’aria molto elegante…Che sia davvero di
nobili origini, come credono quelle sempliciotte di galline adoranti? Mah…che
sia vera 'sta storia degli avi importanti in Egitto?”.
Per qualche istante la Titina si immaginò Figaro –
la schiena dritta a zampe unite – seduto sulla sabbia dorata, le Piramidi
d’oro in lontananza. Ma essendo l’Egitto
lontano e la nanna nella cuccia de-luxe una certa e vicina realtà, la seconda
immagine ebbe la meglio nella sua mente pratica.
“Che meraviglia….YAAWN!”. Sbadigliò con soddisfazione
accoccolandosi sulla paglia. “Brezza giusta, luna piena, la pancia anche, le
volpi impegnate…Oh sì! Una notte di vera vacanza. Meritatissima, per tutti i
lupi della Siberia! Sìsssì…”.
Un vero cane da guardia, anche in una notte di ferie ha
tuttavia sempre un occhio vigile.
Nel dormiveglia le sembrò di sentire leggere vibrazioni sul
terreno. E infatti, un secondo prima che gli occhi si spalancassero del tutto,
PATAPUNFETE, qualcosa di morbido era scivolato furtivo sulla paglia accanto a
lei.
“Buon, buona, Titina”, sussurrò una voce delicata, mentre
una mano le accarezzava la testa e la schiena.
“Dai che ci stiamo tutte e due, spostati un po’”.
“Uffffaaaaaaa…”pensò tra sé e sé. Ma pensò anche che
addormentarsi con un massaggio non sarebbe stato poi così male. E poi la
piccola Lela le era simpatica. Prendeva sempre le sue parti quando c’erano
discussioni, e quando le faceva il bagno usava sempre di nascosto lo shampoo
profumato della mamma. Ma cosa ci faceva la Lela da sola in cortile a quell’ora? Oh, ma
piccolina! La cagnetta si accorse che la bimba aveva gli occhi lucidi e che il
naso continuava a colare nell’enorme fazzoletto a quadri del nonno. Si pentì di
aver sbuffato e si sedette sulle zampe per farle più posto. Il nido estivo
della Gegia era di lusso, sì, ma pur sempre un nido di gallina. Non una doppia
con servizi e balcone.
“La mamma e il papà stanno litigando, litigano sempre”
sussurrò Lela singhiozzando direttamente dentro all’orecchio sinistro del cane.
“Io a casa nel lettino non ci dormo!2 E pianse quasi stritolando il cane fra le braccia esili. Era sconsolata.
La Titina
le leccò la mano in segno di affetto. “Oh, come mi dispiace, piccola!, pensò. E
anche se si sentiva soffocare, non osò svincolarsi dall’abbraccio. “Ne parlerò
al Micio. Si lascerà accarezzare fin sulla coda senza discutere anche lontano
dai pasti. Sembra superiore a tutto, ma lo so che batte un cuore sotto a
quell’aria da felino distaccato dal mondo”.
I pensieri e le carezze furono scossi da un vociare
improvviso.
“LEEEEELA! Dove sei? Rispondi!”.
Il papà e la mamma la stavano cercando.
“SSSSsssssssssssshhhh….” Fece la bimbacon l’indice sulle labbra rivolta alla cagnetta
.
“Non tradirmi!”. E lei ubbidiente si accucciò
ignorando i richiami. Ma ben presto una torcia le illuminò entrambe.
“Ah, meno male…ma cosa ci fai qui con la Titina? E cosa ci fa la Titina nel nido della
Gegia?”
“E’ già successo”, rispose la mamma. “Quando fa caldo ogni
tanto la sfratta. Chissà perché, con tutto il posto che ha”.
“Dai, Lela, torniamo a nanna”. Ma quando il papà allungo il
braccio per sollevare la bimba, questa si fece pesante come il piombo, si
abbarbicò ancor di più al cane e sibilò: “NO, NO! Lasciami stare! Io dormoo qui
nella cuccia”.
“Possiamo lasciar dormire la TItina sul tappeto davanti
al tuo lettino per questa notte”.
Sentendo ciò l’interessata s’illuminò tutta: mai, mai le era
stato concesso un simile lusso.
“Sai l’invidia, Figaro e compagnia?”, pregustò fra sé. Purtroppo Lela
fu irremovibile. “NO! Noooooooo! Resto qui. Non mi
muovo”.
I genitori si sentivano un po’ in colpa. Non volevano
lasciare la bimba da sola a dormire in cortile, ma nemmeno strapparla dalla
cuccia a forza. Anche perché la
Titina stessa non sembrava intenzionata a farsi smuovere.
Aveva uno sguardo insolito e accennava a ringhiare non appena una mano si
avvicinava troppo.
La notte era piacevole e fresca. Si stava meglio nell’aia
che in casa. L’ora delle zanzare era finita.
I concerti della rane erano al
culmine. Nell’angolo più comodo del fienile dormiva Figaro a forma di
ciambella. Aveva fatto i capricci per dormire sotto al pergolato, e poi alla fine
aveva spifferato tutto alla Gegia e le aveva ceduto il
posto - da vero gentle-cat.
Gli piaceva fare lo splendido ogni tanto.
La mamma e il papà lo imitarono sdraiandosi tra le balle di
fieno. Ora dormivano tutti vicini, nessuno dove sarebbe dovuto essere.
Tutti dormirono tranquilli in cucce diverse dal solito,
posando il capo sulla polvere dei sogni delle notti passate, mescolando così i
loro sogni a quelli altrui.
Ci fu chi sognò una Gegia Faraona appollaiata su di un trono
dorato; chi un gatto dall’aria nobile su
di un cuscino di porpora in navigazione su di una zattera tra le risaie. Chi
sognò di volpi addomesticate ed ubbidienti ad una Titina molto ma molto
autorevole.
Qualcuno sognò di deporre uova d’oro e qualcun altro di raccoglierle.
Ci fu chi si vide camminare in un prato bellissimo dove nessuno poteva
litigare, e a chi sembrò di nuotare in uno stagno dall’acqua di rose che rendeva
il pelo dei cani soffice come le piume dei pulcini.
Certi sogni sembravano senza capo né coda, ma tutti furono
felici di averli sognati e poi di raccontarli e di ascoltarli, seduti o
accucciati o appollaiati sotto al pergolato al riparo dal sole di luglio.
“Non è male questo pollaio pieno di sogni nuovi”pensò la Titina sdraiandosi
all’ombra tra la Gegia
e il Micio sull’erba verde e così morbida e invitante che avrebbe suscitato l’invidia di un
re.
(Enea Grosso)
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