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sabato 7 maggio 2016





Era una Lancia Flaminia 2800 blu scuro degli anni Sessanta, la notai subito. Nel Biellese soltanto lui ne possedeva una. E l'aveva parcheggiata proprio davanti all'imbocco del sentiero che porta al parco degli arbo*. Le passai accanto e, toh! eccolo. Era lì, il banchiere che di anni ne aveva ben novantacinque, ma la patente guai a toccargliela. 

Con la faccia tosta di chi è curioso da morire, mi avvicinai.

“Buongiorno a tutti. Come va?” dissi.
“Buondì!” bofonchiò lui secco, senza interrompere la discussione che intratteneva con altri tre uomini, i quali invece mi salutarono cordialmente. Era chiaro che non aveva tempo da perdere.

Quella sua presenza, nonostante i toni aciduli, mi mise di buon umore. Era risaputo che l'Ors, l'orso come lo chiamava la gente, desiderasse accertare di persona lo stato dei lavori in Valle, ma non si era mai fatto vedere. Che personaggio! Così austero con quel cappotto grigio, in lana, e l'onnipresente cappello in testa. Sputava domande asciutte, alle quali dovevano corrispondere risposte altrettanto concise. I tre, certamente tecnici impegnati nei lavori alla viabilità, annuivano e scuotevano la testa come caprette intimorite.

Attesi un po' in disparte. La mia presenza era inopportuna.

Di lì a poco, tenendo in mano un cestino in vimini, si avvicinò con passo allegro una donna che, a mio dire, poteva essere coscritta del banchiere. I suoi movimenti però erano così sciolti, leggeri. La ammirai. Appena qualche ruga, i capelli un po' sbiaditi e soprattutto quelle mani con le dita asciutte ne lasciavano intendere l'età.

Con grande sorpresa, venne a fermarsi accanto a me.

A quel punto ad essere di troppo eravamo in due. Lei, però, come indispettita dalla situazione, non attese e se ne uscì con un “arrivo giusto in tempo, vedo!”. Il banchiere, che le dava le spalle, si voltò di scatto. Per un attimo pensai che l'avrebbe stesa con un ammonimento, o qualche altra brutta parola, invece non disse nulla, anzi, a tradirlo furono gli occhi che alla vista della donna si socchiusero leggermente. Un segno di tolleranza non da poco. 

La donna proseguì: “La visita sarà mica per nulla? Appena ho saputo che era qui, mi sono precipitata. E' giusto brindare!”

Lui rimase in silenzio. Ebbi la sensazione che i due si conoscessero. Qualcosa di vecchia data.

Al che la donna tolse lo strofinaccio che proteggeva il contenuto del cesto e tirò fuori prima una bottiglia di vino, che stappò, e poi, menzionando le colline di Lessona** dalle quali il rosso proveniva, dei bicchieri, che riempì e distribuì ad uno ad uno. Continuando a dominare la scena, si rivolse al banchiere e disse, in piemontese: "L’öv al vèn dal bèch - l’uovo viene dal becco -” e lui, che doveva averne compreso il significato, rispose con la formula: "Cal sia mai l’ultim! - che non sia mai l'ultimo –“. Sollevò il calice al cielo, bevve a piccoli sorsi e lo rese. Dopo averci salutati tutti con una poderosa stretta di mano, risalì in auto. Prima di chiudere lo sportello regalò un ultimo (e primo!) rassicurante sorriso.

I tecnici non avevano compreso il dialogo che si era svolto fra i due vecchietti, così, prima di andarsene chiesero chiarimenti alla donna, la quale li sistemò a dovere: "Si vede che non siete di queste parti – disse -. Da noi si 'costuma'*** dare per ricevere. Le origini agresti insegnano che per ottenere dagli animali una buona resa, vanno prima ben rifocillati. Volete forse che per l'uomo sia diverso?"

La spiegazione non li aveva convinti; lo si capiva dai loro sguardi. Io invece ero felice. Incontrare quei due era già stata una lezione.

Anna

*
il parco dei castagni secolari, di dimensioni notevoli, si trova alla frazione Riabella di San Paolo Cervo. Arbo, in lingua piemontese, significa, appunto, castagno.

**
sulle colline di Lessona si produce l'omonima etichetta, vino rosso di denominazione di origine controllata

***
è consuetudine, si usa, sempre in piemontese: “as custùmma

Il racconto è di fantasia.

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