Osservo la spesa disposta sul nastro trasportatore, c'è tutto quello che mi serve.
Tocca quasi a me, quando due ragazze dribblandomi malamente, vanno a fermarsi nel punto esatto in cui finiscono i miei acquisti, separati da un segnalino, e iniziano quelli della persona che mi precede.
Infastidita le ignoro, in attesa di una qualunque forma di cortesia che giustifichi la mossa. Intanto, guardandomi intorno, noto il cartello che scende perpendicolare sulla mia testa: "Cassa con precedenza ai disabili e alle donne in attesa" e immediatamente constato che una delle due ostenta un bel pancione. La situazione inizia a prendere una sua forma, ma il fastidio non scompare e di quel cenno di cordialità ancora niente. E dire che basterebbe un sorriso; un occhio che si stringe un po' ammiccando al ventre, alla rotondità.
A quel punto, l'amica che l'accompagna deve aver sentito i miei pensieri. Voltandosi mi lancia un confortante: "Signora... abbiamo soltanto quattro pezzi".
Mi riprendo e il sorriso decido di metterlo io: "Sì, certo, ci mancherebbe".
Potrebbe finire così, invece apre la bocca pure quella che oltre alla pancia cresce anche un po' di supponenza. Sì, quella che di lì a breve dovrà dare un bel po' di buoni esempi.
"No! mah! signora! non ha capito? C'è il cartello - e lo indica più volte con il ditino - che mi dà diritto di precedenza!".
"Sì sì, lo vedo", le rispondo mordendomi la lingua.
testo e fotografia di Anna Arietti
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