(testo e immagini di Enea Grosso)
A circa cinque
ore di treno da New Delhi, c’è un luogo
dove voglio ritornare: il Tempio d’Oro
di Amritsar.
Se non ci
siete mai stati, permettete alle parole e alle fotografie di trasportarvi fin
lì...
Lasciate le scarpe all’ingresso, copritevi il capo e salite la scala
bianca principale, verso sera.
Fermatevi un
momento in cima ad ammirare il tramonto
che si specchia nella grande vasca sottostante.
Il Tempio è lì
davanti a voi. Brilla e galleggia come un gioiello.
La luce è
irreale, vi avvolge in sfumature rosa, azzurre e dorate.
Increduli,
osate lentamente fare il primo passo in
quello scenario da Le Mille e Una Notte.
Vi unite alla
folla silenziosa che ininterrottamente scivola ordinata sul marmo bianco tutt’intorno al perimetro dell’acqua.
E’ una processione bellissima di principesse avvolte in veli colorati e
luminosi, e principi con barba e turbante, dall’incedere fiero. I
Vecchi hanno un aspetto regale, portano abiti blu o bianchi, il turbante e la scimitarra alla cintura.
Mentre cala il buio, l’oro del tempio si
illumina di più, e i canti provenienti dal suo interno riempiono la
notte.
Il visitatore
straniero non può che sedersi in disparte
a guardare, grato per il privilegio
d’esser lì, di essere una nota di quella sinfonia di luci e suoni.
Ci troviamo
nel Punjab Settentrionale, nel luogo di culto più importante per la religione
sikh.
Anche alla
luce del sole l’incanto permane. Si potrebbe stare qui un giorno intero, seduti
all’ombra del porticato bianco, mentre la folla arcobaleno continua a sfilare
incessante sul marmo intarsiato di
pietra dura, la stessa usata per il Taj Mahal.
Dopo una lunga coda notturna, accompagnata da preghiere e litanie, sono arrivata anch’io al cuore della struttura, dove ci sono i sacerdoti che cantano sotto alla cupola a forma di fiore di loto rovesciato, simbolo della purezza d’animo cui aspira la religione sikh.
C’è un’atmosfera
speciale, in questo tempio, un senso di pace e sacralità che non ho trovato allo
stupendo Taj Mahal, forse per la sua impronta più turistica.
Al Golden Temple
ci si sente accolti.
Sarà anche per
lo stile architettonico aperto del
complesso, che mescola elementi hindu e islamici, senza luoghi vietati agli “infedeli”.
Le
persone qui sono parte integrante ed
importante dell’edificio.
Nei tre giorni ad Amritsar ho soggiornato con mia mamma e mia cugina al Samovar Plaza. Non fatevi trarre in inganno dal nome altisonante! Si tratta di una sistemazione semplice, ma confortevole e pulita. E' a cinque minuti a piedi dal Golden Temple, dove
si può pranzare della mensa
gratuita – la Guru Ka
Langar. A tutti i pellegrini - non importa se sikh o no - viene quotidianamente offerto un piatto di riso, dhal e chapati. Dopo il pranzo chi vuole si ferma a lavare i piatti e i
pavimenti. E’ un'occasione per intrattenersi con le persone che sono ospitali, gentili,
sorridenti. Mia mamma si è integrata perfettamente col gruppo... La comunicazione va ben oltre la padronanza di una lingua!
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Ciò è confermato anche quando incontriamo la nostra "guida".
Amritsar è l'unica tappa del nostro lungo viaggio "fai da te" per la quale io abbia prenotato una guida...richiesta che si è persa per strada, ma la faccenda è presto risolta: nella terra degli dei una bazzeccola simile si aggiusta in fretta! Ed ecco davanti a noi un arzillo vecchietto le cui conoscenze linguistiche sono: il proprio dialetto più una ventina di parole inglesi. Il bagaglio linguistico di mia mamma è simile (la sua lingua più una ventina di parole inglesi) e i due si intendono piuttosto bene. Abbiamo una guida e l'interprete. Siamo pronte per partire alla scoperta della città.
E devo ammettere che, nonostante la partenza in sordina, alla fine siamo soddisfatte del nostro tour.
Prima tappa: il Silver Temple (Tempio d’Argento), versione hindu cinquecentesca del
Golden. Totalmente focalizzata sul famoso Golden, non lo avevo degnato di attenzione, mentre studiavo il percorso del viaggio. E nemmeno saremmo andate al Mata TEmple, non fosse stato per la nostra improvvisata guida. La Lonely Planet li
descrive entrambi in poche righe sulle quali – confesso – avevo sorvolato. Devo dire che però meritano senz’altro una
visita, se si rimane ad Amritsar almeno un paio di giorni.
Il Mata Temple
- dedicato alla moderna santa occhialuta Lal Devi – è un’esplosione di
religiosità bizzarra e giocosa. Si arriva alla stanza principale – dove si
trova la statua della santa – dopo un percorso da luna park, fatto di corsi
d’acqua alla caviglia, passaggi sotterranei, scale, camere interamente
ricoperte di specchietti colorati.
Jallianwala Bagh: in questo luogo il 13 Aprile 1919, durante una dimostrazione pacifica contro il Rowlatt
Act, duemila indiani disarmati furono o feriti o uccisi dai colpi di fucile dei
soldati britannici per ordine del generale Dyer.
A 30 chilometri
dalla città, al confine indo – pakistano
di Attari Wagah, assistiamo alla
cerimonia alquanto gioiosa e semiseria del cambio della guardia.
Più che la
sfilata dei soldati, il vero spettacolo è offerto dall’enorme folla multicolore di indiani che ballano come fossero in una discoteca all’aperto, gridando “Hindustan Zindabad”, “Evviva l’Hindustan!”.
Non sembra affatto di essere al confine col Pakistan: l’atmosfera è di festa! Un'esperienza bizzarra e divertente.
Rientriamo al
Samovar Plaza con il buio.
Sono troppo
stanca per andare a salutare il Golden Temple, e tutto sommato non è
necessario, questo è un arrivederci e non un addio.