Le perle del Nonno
Aveva lo sguardo sereno e
gli occhi chiari – e li ha ancora (le
persone non sono solo ricordi, le persone
sono e basta, per sempre). Il
problema è che non si sa mai come fare.
Se
dici “ha gli occhi chiari” – ed è verissimo – non va bene, oh no! Parli come un
pazzo? Dai, è morto tanti anni fa…". Sei pazzo per la gente. Ma se ti ravvedi e
dici “aveva” mentre parli con Dio o con qualche angelo suo amico, e magari
chiedi che per favore gli diano un’occhiata – va bene che i pascoli del cielo
sono sicuri, però non si sa mai – allora ecco che sbagli di nuovo: aveva? Guarda che quassù la gente mica
si tinge l’iride come voi vi tingete i capelli seguendo la moda. Gli occhi sono
lo specchio dell’anima. Non mutano colore come le foglie. Brillano e si
spengono seguendo le sottili maree che si muovono nel profondo dello spirito.
Siccome voi non siete Dio
e (forse) nemmeno degli angeli, e non voglio che mi accusiate di pazzia, vi
dirò che aveva gli occhi chiarissimi,
vispi e intelligenti.
Gli piaceva riposare appoggiato al tavolo in cucina, seduto vicino alla stufa a legna, la testa appoggiata sulle braccia incrociate . Non so se dormisse davvero o se riposasse soltanto; o se invece esplorasse di nascosto qualche fantastico mondo parallelo, dove i prati erano verdissimi e soprattutto in pianura (il suo prato era molto grande, ma che fatica tagliare l’erba e trasportare il fieno su quella pendenza!). Non gliel’ho mai chiesto, ma penso che non mi avrebbe svelato il segreto. Ho il sospetto che – quand’anche dormisse - non scegliesse i sogni a caso, ma andasse a rovistare fra quelli più colorati e fantasiosi e simili alle favole, perché di quello avrebbe avuto bisogno al suo risveglio: di una favola nuova.
Gli piaceva riposare appoggiato al tavolo in cucina, seduto vicino alla stufa a legna, la testa appoggiata sulle braccia incrociate . Non so se dormisse davvero o se riposasse soltanto; o se invece esplorasse di nascosto qualche fantastico mondo parallelo, dove i prati erano verdissimi e soprattutto in pianura (il suo prato era molto grande, ma che fatica tagliare l’erba e trasportare il fieno su quella pendenza!). Non gliel’ho mai chiesto, ma penso che non mi avrebbe svelato il segreto. Ho il sospetto che – quand’anche dormisse - non scegliesse i sogni a caso, ma andasse a rovistare fra quelli più colorati e fantasiosi e simili alle favole, perché di quello avrebbe avuto bisogno al suo risveglio: di una favola nuova.
Nuova fino ad un certo
punto…L’importante era che la protagonista fosse una principessa. Questa era la
richiesta fissa di sua nipote: la storia di una principessa.
Il nonno oramai era un esperto in materia, e
riciclava a piene mani qualunque fiaba o frammento di sogno gli venisse in
mente: sia che si trattasse di una pastorella,
di una contadina, o di una qualsiasi fanciulla, bastava dicesse che in
realtà era una principessa.
Non era necessario né il principe né il castello né
la corona per renderla più credibile. Se il nonno aveva detto che si trattava
di una principessa, allora non c’erano
dubbi. Anche lo sviluppo della storia non era poi così importante.
Penso che il nonno non sapesse
esattamente dove sarebbe andato a parare
– in un bosco, in un castello incantato, tra le fauci di un drago? Chissà…
- e che non avesse nemmeno la più
pallida idea di come le principesse fossero solite trascorrere le loro
interminabili giornate; probabilmente erano proprio le domande insistenti della
nipote a trarlo dall’impiccio: com’era? Era bella? (Domanda facile con risposta
scontata!) Dove stava andando? Che abito indossava?
Chi era solito vederlo
seduto accanto alla Mora all’ora della mungitura, o sotto il peso della cesta
carica di fieno, non avrebbe minimamente sospettato di trovarsi di fronte ad un
grande esperto di principesse. Chiunque gli avrebbe chiesto consigli sulla
preparazione del formaggio, sulla temperatura della cantina di pietra, su come
preparare gli impacchi di arnica per alleviare gli strappi muscolari; persino
il Conte Ermenegildo si fermava volentieri a parlare con lui, per il puro
piacere di una conversazione serena. Ma
nessuno, davvero nessuno – neanche la nonna - gli avrebbe mai chiesto di parlare di principesse
e di farsi spiegare come scegliere i sogni. Questa sua capacità segreta forse
derivava da un dettaglio legato al suo giorno di nascita: il 29 di
Febbraio. Per ben tre anni di seguito,
nella notte tra il 28 febbraio e il primo di marzo, penso che per qualche ora
gli fossero concessi poteri speciali, e che davvero il mondo dei sogni per lui
non avesse segreti.
Il Monte Terlo, lungo il sentiero da Camandona al Bocchetto Sessera |
Nonostante la sua media
statura, probabilmente avrebbe avuto l’aspetto di un venerabile saggio, con i
capelli d’un magico bianco argentato…se la nonna – persona pratica e sbrigativa. – non gli avesse regolarmente tosato
il capo quasi a zero. Ma lui di questo
era contento. Penso che il suo motto fosse “quello che fa la nonna è sempre ben
fatto”, che era anche una splendida dichiarazione d’amore.
Il nonno non aveva
studiato – ai suoi tempi l’istruzione era un privilegio per pochi.
Le uniche poesie che avesse mai ufficialmente
sentito erano quelle recitate dalla nipotina a Natale e a Pasqua, semplici
filastrocche imparate alle scuole elementari. Ma le poesie, anche quelle non
ancora stampate, non ancora immortalate sulla carta dall’inchiostro tra sbagli
e correzioni, sono già tutte scritte e fluttuano ad un passo da noi. Sono lì, a
disposizione di tutti. Basta alzare quel velo leggero e invisibile che ci
separa dai sussurri degli angeli, ed eccole lì, già pronte. E’ sufficiente
sedersi ad ascoltare. Il nonno lo sapeva. Subito magari non capiva cosa fossero
quelle parole un po’ bizzarre, apparentemente così estranee alla vita del
prato, dove c’erano i fiori, sì, ma c’era anche il mucchio di letame, e l’erba
da falciare in salita, e la coda della Mora infastidita dalle mosche – che lo
colpiva in faccia proprio mentre lui cercava di mungerla. Ma sono certa che lui
sapesse, ad un certo punto, il
significato di quelle parole.
A pensarci bene, avrei
dovuto accorgermene già tanto tempo fa, ma ero troppo piccola per poterlo fare.
“Ciao, nonno!...perché
piangi?” gli dissi un mattino in cui lo sguardo limpido gli brillava più del
solito. Il nonno si commuoveva spesso, ma apparentemente quel giorno non
c’erano ragioni speciali per commuoversi. Non avevo recitato filastrocche. Non
avevo annunciato un bel voto preso a
scuola. La Mora aveva prodotto la consueta quantità di latte. La nonna si stava
pettinando gli splendidi capelli ondulati. Era un mattino assolutamente
ordinario. “Non sei contento di vedermi?”
“Certo, tesoro mio!”
“Allora non stai bene…”
“No, no, è tutto a posto”.
“E allora perché queste
lacrime…”
“Ti ricordi quando ti ho
detto che tutti noi abbiamo un tesoro, non solo le regine nei loro fantastici
castelli?”.
“Certo. Mi hai anche detto
che anch’io posso diventare una principessa se saluto educatamente le persone
con un sorriso”.
“Sì, ma prima devi
conoscere altri segreti. Il segreto dei sorrisi…e quello delle lacrime buone”.
“Sono pronta ad
ascoltare”.
“Devi sapere, tesoro mio,
che le lacrime in realtà sono delle piccole perle che tutti noi abbiamo
nell’anima. In ognuna di esse è rinchiusa l’essenza delle mille sfumature dei
nostri sentimenti…Ogniqualvolta ci capita qualche cosa di bello o di brutto –
in ogni caso qualcosa di inatteso – i nostri pensieri si riversano nell’anima
come un fiume in piena, smuovendo tutte le pietre e le perle che dormono
tranquille sul fondo. Essendo le perle fragili e così vicine le une alle altre,
si spezzano facilmente e liberano l’essenza preziosa custodita in ognuna di
loro sottoforma…”
“…sottoforma di lacrime!”
“Proprio così. Vedo che mi
segui. Qualche volta sono le pietre o le perle più grossolane a rompersi, per
esempio quando facciamo i capricci”.
“Capita a noi bambini”.
“Non solo…Sai, purtroppo
anche certi adulti fanno spesso i capricci, quando incolpano il mondo di
qualsiasi cosa e non sono padroni di sé… ma quello che mi premeva dirti è che
le lacrime non vanno associate a cause negative, come è opinione comune. Sono
come una voce silenziosa che libera i sentimenti difficili da esprimere a
parole. Vedi, per esempio, com’è limpido questo mattino d’inverno? Come brilla
la poca neve sui prati e come sono ben definiti i colori delle montagne? E
senti com’è frizzante e leggera l’aria…”
Chiusi gli occhi per
sentirla meglio sulle guance e sul naso.
“E’ una carezza che ti fa
sentire vivo, e per quanto fredda non è affatto sgradevole, anzi! Ti fa venir
voglia di chiudere gli occhi al sole e poi di una buona cioccolata calda,
densa…una coccola, non è vero?”
Annuii convinta. Era rasserenante stare ad ascoltare la sua voce.
“Ed è bello poter
condividere tutto questo con te…Da un pensiero ne scaturisce un altro, e per
descriverli tutti ci vorrebbero chilometri di parole e d’inchiostro, ed ancora
qualche sfumatura sfuggirebbe comunque. Quando una gioia così grande ti scoppia
nel cuore, ecco che le perle più fini e delicate si gonfiano fino a liberare il
piccolo tesoro che contengono”.
“Hai spezzato per me le
tue perle più pregiate…Grazie, nonno! E’ il regalo più speciale che io abbia
mai ricevuto. Non lo dimenticherò mai”.
“Ricordati anche di non
tenerle tutte per te…Regalale, e ne riceverai di nuove”.
“Non sono perle normali,
sono magiche!”
“Sì, piccola mia. Non
privarti mai di lacrime e sorrisi! Sono gli unici gioielli che ti manterranno
bella sempre “ disse, mentre tutta le gocce
di neve sopra ai prati, il cielo e le poesie mai lette ma vissute
brillavano nel chiarissimo azzurro dei suoi occhi.
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Il Conte cui faccio riferimento nel racconto è l'imprenditore illuminato Ermenegildo Zegna (1892-1966), con il quale il nonno aveva una foto di cui andava fiero... ma che si è persa chissà dove nei meandri della soffitta! O magari se ne è andata, nascosta in qualche mobile venduto nel corso degli anni.
Ho "rubato" le immagini d'epoca ad una mostra tenuta a Casa Zegna a Trivero, alle porte dell'Oasi Zegna, un'area montana ricoperta di fiori grazie all'iniziativa del Conte.
La zona più pittoresca ed alla portata di tutti è la Conca dei Rododendri, spettacolare a maggio e visibile dalla strada "Panoramica" che da Trivero s'inerpica verso le varie "bocchette" (Stavello, Margosio, Luvera), attraversa la stazione sciistica di Bielmonte, conduce al Bocchetto Sessera e ridiscende verso la Valle Cervo. La fioritura della Conca non ha nulla da invidiare a quella del Parco della Burcina a Biella. L'area è dotata di un'area attrezzata per picnic oltre che di un sentiero per disabili.
A me piace raggiungerla partendo dal Santuario della Brughiera e percorrendo il sentiero attraverso il bosco fino ai margini del Villaggio Residenziale; da lì si può proseguire lungo la strada asfaltata (che porta proprio ai piedi della Conca) o salire ancora lungo il sentiero che sale deciso e conduce verso l'area picnic (secondo me è l'alternativa migliore!). Ho scoperto questa via per aver partecipato ad una tappa del Cammino di San Carlo, iniziativa di un esperto di terra Biellese: Franco Grosso. I suoi libri sono un'ottima fonte per saperne di più sul territorio biellese e scoprirne i numerosi itinerari.
Il Conte cui faccio riferimento nel racconto è l'imprenditore illuminato Ermenegildo Zegna (1892-1966), con il quale il nonno aveva una foto di cui andava fiero... ma che si è persa chissà dove nei meandri della soffitta! O magari se ne è andata, nascosta in qualche mobile venduto nel corso degli anni.
Ermenegildo Zegna |
Ho "rubato" le immagini d'epoca ad una mostra tenuta a Casa Zegna a Trivero, alle porte dell'Oasi Zegna, un'area montana ricoperta di fiori grazie all'iniziativa del Conte.
La zona più pittoresca ed alla portata di tutti è la Conca dei Rododendri, spettacolare a maggio e visibile dalla strada "Panoramica" che da Trivero s'inerpica verso le varie "bocchette" (Stavello, Margosio, Luvera), attraversa la stazione sciistica di Bielmonte, conduce al Bocchetto Sessera e ridiscende verso la Valle Cervo. La fioritura della Conca non ha nulla da invidiare a quella del Parco della Burcina a Biella. L'area è dotata di un'area attrezzata per picnic oltre che di un sentiero per disabili.
A me piace raggiungerla partendo dal Santuario della Brughiera e percorrendo il sentiero attraverso il bosco fino ai margini del Villaggio Residenziale; da lì si può proseguire lungo la strada asfaltata (che porta proprio ai piedi della Conca) o salire ancora lungo il sentiero che sale deciso e conduce verso l'area picnic (secondo me è l'alternativa migliore!). Ho scoperto questa via per aver partecipato ad una tappa del Cammino di San Carlo, iniziativa di un esperto di terra Biellese: Franco Grosso. I suoi libri sono un'ottima fonte per saperne di più sul territorio biellese e scoprirne i numerosi itinerari.
Sentiero dalla Brughiera alla Conca |
Conca dei Rododendri - Oasi Zegna |
Nelle tue parole vedo: perle" del nonno! Bellissimo!
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