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mercoledì 2 marzo 2016


Era un tiepido pomeriggio di primavera, di quelli che invitano a rimanere all'aria aperta e mancava ancora mezz'ora al mio appuntamento. 

Per intrattenermi scelsi una panchina al parco. 

Il rododendro a ridosso del muro, al riparo dagli ultimi venti freddi, sfoggiava già grandi fiori rosa, esuberanti, riuniti in spettacolari corimbi. I rami nudi invece attendevano la rivalsa estiva che sarebbe giunta con la crescita delle foglie coriacee. 

Il sole mi raggiungeva filtrando fra i rami di un imponente abete, forse bianco. Mi piaceva pensarlo il "principe del bosco", come lo annoverano i botanici.

Vivevo uno sprazzo di quiete nel cuore della città in compagnia di un colombo bianco che a piccoli passi, spediti, aveva deciso di fermarsi di fronte a me, si fa per dire. La sua sosta era un continuo zampettare avanti e indietro. Ebbi la sensazione che anche la piccola creatura fosse in attesa di qualcosa o di qualcuno.

Alzando lo sguardo vidi altri due colombi dal piumaggio grigio procedere nella mia direzione di gran passo, tronfi, con il petto in fuori, come due persone orgogliose. A breve distanza li seguiva un uomo con il cappello in testa e la canna in mano. Il suo passo era lento, ma la meta era sempre la medesima. E capii.

I quattro si erano dati appuntamento alla panca su cui mi trovavo io.

Il personaggio canuto scrutandomi già da lontano mi fece sentire inopportuna. Quando mi raggiunse, salutando cortesemente, sedette al mio fianco. Io ricambiai e, guardandolo negli occhi, sorrisi. Lui, a sua volta, mi sorrise.

"Ecco il tacito consenso - pensai -. L'espressione del viso dice più delle parole. Posso rimanere".

"Eh... sì, quella è la femmina - sbottò l'uomo, indicando uno dei piccioni -, mentre gli altri due sono maschi e oggi sono in vena di farla disperare... - e intimò i due pennuti - su, su, lasciatela in pace!".

"Già... oggi sono in ritardo - aggiunse, estraendo dalla tasca una manciata di mangime che sparse accanto ai suoi piedi - e loro sono venuti a chiamarmi".

"Davvero? - dissi io, incoraggiandolo a proseguire -".

"Sì. Fino a pochi istanti fa erano tutti sul balcone di casa mia. Io abito vicino al parco. Ci incontriamo ogni giorno e quando non posso venire, i piccioni si preoccupano per me. Vengono a cercarmi. Siamo amici".

"Che bella storia mi sta raccontando", nel frattempo vidi nuvole scure addensarsi in cielo e anche l'uomo le notò.

"Sì - asserì, scandendo bene le parole - domani p i o v e r à. L'hanno detto in televisione. Ormai le previsioni le fanno tutti, ma non sono mica capaci".

"Beh, non è detto, non sempre. Perché non si fida?".

"Quando ero bambino, vivevo in campagna con i miei genitori. Era una vita semplice la nostra, trascorsa nei campi. Eppure quando vedevamo avvicinarsi le nuvole, sapevamo sempre con certezza se sarebbe piovuto. Il segnale di avviso era il fischio del treno. Se lo sentivamo, voleva dire che il vento soffiava nella nostra direzione e la pioggia sarebbe arrivata. Non ci sbagliavamo mai. Quelle sì erano previsioni".

"Devo lasciarla, ora. Mi ha fatto piacere incontrarla. Grazie".

"Oh, ma si figuri. Grazie a lei".

Anna Arietti

1 commento:

  1. Ma che storia tenera ha raccontato questo signore! Anche una mia collega ha un piccione zoppo "domestico" che va a farle regolarmente visita al su balcone.

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